E’ andato in scena il primo ed atteso confronto tra i 2 candidati alla presidenza degli Stati Uniti. Un duello senza esclusione di colpi, ma che non sarà decisivo in vista del 5 novembre
Philadelphia, 11 settembre 2024 – Inflazione, economia, aborto, immigrazione illegale. E, ovviamente, offese personali, anche pesanti e a tratti ridicole. Si potrebbe riassumere così il primo ed atteso confronto televisivo, andato in scena alle 3 di notte ora italiana, tra Kamala Harris e Donald Trump, candidati alla presidenza degli Stati Uniti. Un antipasto di ciò che vedremo il 5 novembre: un duello combattuto senza esclusione di colpi (la stretta di mano iniziale solo una formalità che, probabilmente, entrambi sarebbero stati felici di non rispettare) nonostante le stringenti regole imposte dagli studi ABC di Philadelphia, durato la bellezza di 90 minuti. Insomma, una partita di calcio… terminata ai punti, senza supplementari o rigori. Al triplice fischio, entrambi si prendono la vittoria: entrambi di essere stati i più bravi, i più convincenti, i più innovativi, già vogliono un secondo dibattito, con l’emittente Fox che già si è offerta. Ma hanno davvero vinto tutti?
Harris-Trump, chi ha vinto?
Cominciamo con un dato statistico: Trump era al suo settimo duello televisivo complessivo. Essendo alla sua terza campagna elettorale, ormai di esperienza ne ha fatta. Kamala, invece, era al debutto: un effetto novità su cui ha giocato molto, a buon rendere. Lo vedremo più avanti.
A livello di minutaggio, l’ex presidente ha parlato di più. Tuttavia, secondo numerosi osservatori americani ed internazionali, Kamala Harris ha avuto il pallino del gioco in mano, ha gestito la partita, si è difesa dagli attacchi, ed ha colpito nel momento in cui contava farlo. Non ha utilizzato il suo classico slogan “la procuratrice contro il criminale”, ma ha colpito il Tycoon sull’economia, accusandolo di essere “amico dei miliardari” che affosserà la classe media, ovvero quella che Kamala si propone di rappresentare. Ai numerosi attacchi di Trump, Kamala ha riso, come a voler dimostrare superiorità (se tanto mi dà tanto, si tratta di una strategia efficace studiata dal suo staff comunicativo). Ed anzi, il Tycoon è caduto nella sua stessa trappola, cadendo nelle provocazioni della sua avversaria. Non sono mancati “agguati” sulla politica estera: “Putin ti mangia” ha detto Kamala a Trump, facendo leva sui suoi buoni rapporti – mai nascosti – con il capo del Cremlino.
Oltre a ciò, Trump (che stranamente, non è andato troppo sul personale) ha deciso di farsi male da solo, con la frase: “A Springfield gli immigrati mangiano cani e gatti di persone che vivono lì” causando le grasse risate di Kamala. La linea dura di Trump nei confronti della questione immigrazione, argomento molto sentito oltre Oceano, gli ha giocato un brutto scherzo, rilanciando una fake news riportata da alcuni siti di estrema destra statunitensi.
Kamala inoltre, come detto all’inizio, ha puntato sull’effetto novità, semplice ma efficace anche grazie agli assist dell’ex presidente, che l’ha accusata di essere la copia di Biden, senza un piano di governo preciso, specie sulle questioni economiche. Harris ha risposto che lei non è nè Biden, nè Trump nè chiunque altro sia venuto prima di lei, con idee chiare e precise. Già, perchè pur essendo la vicepresidente in carica, l’effetto novità ha un suo peso, specie perchè la sua candidatura era completamente inaspettata fino al ritiro di Biden.
Ultimo punto interessante, questa volta “a favore di Trump”. A differenza di Kamala (che deve conquistarseli quasi tutti), Trump ha uno zoccolo duro composto da milioni di voti, una roccaforte che ha voluto consolidare. Ha accusato Kamala di essere marxista, di estrema sinistra, di pensare troppo alla questione transgender, argomenti detestati dalla frangia più radicale dei repubblicani. Il primo obiettivo per Trump è non perdere quei voti.
Ma, nel complesso, Kamala sembra aver portato a casa il primo round, anche i consiglieri di Trump non si sono dimostrati troppo fiduciosi. Alcuni sondaggi danno una “vittoria” di Harris pari più o meno al 65%, per quanto possano valere questi numeri. Per il resto, in America è notte fonda, molti stanno ancora dormendo. Nota a margine, non da poco: dopo il dibattito è arrivato l’endorsement di Taylor Swift, giudicata dal Time la persona dell’anno 2023 in favore di Kamala
Harris-Trump, cosa dicono i sondaggi
Ora, detta così, sembra che Kamala il 5 novembre vincerà senza se e senza ma. Non è assolutamente così, nella maniera più radicale possibile: potrebbe anche vincere ma, se così sarà, iò avverrà con una lotta all’ultimo voto. Secondo i più autorevoli sondaggi, si trovano in una posizione di testa a testa. Un “pareggio” che favorirebbe Trump, a causa del complesso sistema elettorale americano, in cui la differenza la fanno i grandi elettori di alcuni Stati chiave. Nello specifico, i 7 Stati chiave in cui si gioca tutto sono Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin.
Di solito, nelle situazioni di stallo ed incertezza, ad essere premiati sono i candidati repubblicani, i quali possono contare su roccaforti elettorali non da poco (Florida e Texas, per esempio). Una geografia elettorale fondamentale per l’elezione del nuovo presidente, motivo per cui Kamala deve cercare di portare a casa più Stati possibili.
In più, non dobbiamo pensare all’America solo in riferimento a Los Angeles, San Francisco, New York o Miami. C’è un enorme fetta di paese più nascosta, ma pesante e pressante: è l’America rurale, quella che vive fuori dalle grandi megalopoli, piccole città in cui vivono 60 milioni di americani che portano avanti la carretta. Una parte di Paese che, negli ultimi anni, ha spesso premiato il Partito Repubblicano.
Difficile anche che questo dibattito possa spostare troppo le cose, probabilmente quello decisivo sarà il prossimo, con i 2 che avranno già fatto esperienza l’uno dell’altra. Ma, in ogni caso, saranno 8 settimane di fuoco.
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