IL FATTO

Ardea, la molesta tramite un’app e la spia in casa: arrestato ex compagno di classe

17 settembre 2024 | 12:20
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Ardea, la molesta tramite un’app e la spia in casa: arrestato ex compagno di classe

L’uomo, tra le altre cose, si era attaccato al muro di cinta di casa sua per poterla osservare e, in quel frangente, le inviava foto a sfondo sessuale

Ardea, 17 settembre 2024 – Gli investigatori della Polizia di Stato del Commissariato di Anzio-Nettuno hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Velletri, nei confronti di un 20enne italiano perché gravemente indiziato del reato di atti persecutori.

Nello specifico, l’uomo dallo scorso giugno molestava continuamente una donna, mediante una nota app di messaggistica chiedendole in modo ripetuto di incontrarsi anche invitandola presso la propria abitazione. La vittima ha, inoltre, raccontato che l’uomo aveva lasciato intendere di volerla pagare affinché la stessa avesse accettato di avere un rapporto fisico con lui.

Nonostante i continui rifiuti della donna, il 20enne l’ha minacciata più volte fino a che un giorno l’uomo si era attaccato al muro di cinta di casa sua per poterla osservare e, in quel frangente, le inviava foto a sfondo sessuale. La donna è riuscita poi a capire chi ci fosse dietro quel contatto sconosciuto: un suo ex compagno di classe. Questo comportamento ossessivo dell’uomo aveva alterato fortemente la percezione di sicurezza della donna la quale viveva in uno stato di allerta permanente ed era stata, altresì, costretta a modificare le proprie abitudini nella sua routine quotidiana.

I poliziotti, a seguito delle dichiarazioni fornite dalla vittima, hanno rintracciato il 20enne presso la propria abitazione, in località Ardea, e, al termine delle attività di rito, lo tratto in arresto in esecuzione dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico emessa dall’Autorità Giudiziaria Veliterna.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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