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Israele-Hezbollah, guerra in smart working

19 settembre 2024 | 16:32
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Israele-Hezbollah, guerra in smart working

L’esplosione di cercapersone e walkie-talkie ai danni di Hezbollah segna un punto di non ritorno, dal punto di vista militare: con un’operazione coordinata a centinaia di chilometri di distanza, si può innescare una potenziale strage

Beirut, 19 settembre 2024 – L’esplosione di cercapersone e walkie-talkie ai danni di Hezbollah, il gruppo paramilitare in Libano e braccio armato dell’Iran in Medio Oriente, ha causato la morte di una decina di persone, oltre che migliaia di feriti. Nonostante Israele non abbia né confermato né smentito, in piena coerenza con la linea adottata da Tel Aviv, è implicito che ci sia la mano israeliana dietro l’attacco. E mentre il Libano giura una dura vendetta (Nasrallah, leader di Hezbollah, ha parlato di “dichiarazione di guerra“), il caos in Medio Oriente è giunto ad un punto di non ritorno, almeno dal punto di vista militare. Già, perché l’attacco israeliano ha trasformato il conflitto in una guerra tecnologica, combattuta in smart working a centinaia di chilometri di distanza.

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Secondo il Guardian, prestigioso quotidiano britannico che ha intervistato Alan Woodward, professore di sicurezza informatica alla Surrey University, potrebbero volerci anni prima che venga raccontata la storia completa di come sono state orchestrate le esplosioni coordinate di migliaia di cercapersone e walkie-talkie usati da Hezbollah. I dubbi su cosa li abbia fatti esplodere restano e, anche senza che Israele ammetta pubblicamente la responsabilità, è chiaro che l’attacco deve essere stato pianificato con cura. Secondo quanto affermato dall’esperto per trasformare in piccole bombe questi dispositivi “non ci sarebbe bisogno di molto esplosivo: la loro vicinanza al corpo umano causa lesioni anche se si trattasse di pochi grammi“.

La guerra tecnologica

La prima ondata di esplosioni, verificatasi martedì alle 15.30 circa ora locale, sembra essere stata innescata da un messaggio speciale della leadership di Hezbollah, il che implica, ha sostenuto Woodward, una specifica modifica del software incorporato nei cercapersone. Ciò significa che avrebbe innescato un’esplosione quando fosse stato inviato il messaggio appropriato. Potrebbe dunque essere stata un’impostazione predefinita sui cercapersone, esplosi dopo un segnale acustico, che ha dato ai possessori il tempo necessario per avvicinare il dispositivo al volto, motivo per cui i dottori libanesi hanno riferito di aver curato ferite multiple a mani e occhi dopo l’esplosione.

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Dodici persone sono state uccise e circa 2.800 ferite nelle esplosioni di martedì, e 14 sono morte in una seconda ondata di esplosioni che è seguita ieri, quando i walkie-talkie hanno iniziato a esplodere. Ciò suggerisce che gli attacchi equivalevano a un tentativo concertato di interrompere le comunicazioni di Hezbollah, il tipo di attività che potrebbe essere un preludio a un bombardamento del Libano meridionale o ad altri attacchi militari convenzionali.

“Operazione sofisticata preparata da mesi”

Gli aggressori sapevano anche chi avrebbe fornito i dispositivi sabotati a Hezbollah e avevano un modo per assicurarsi di poter controllare la loro consegna al gruppo militante, così come la loro fabbricazione o compromissione. “La portata, la distruzione e la precisione dell’attacco suggeriscono un’operazione sofisticata in preparazione da mesi“, ha affermato Emile Hokayem dell’International Institute for Strategic Studies. Sebbene, lo ripeto, Israele non abbia rivendicato la responsabilità dell’attacco, pochi dubitano che le sue forze di sicurezza siano dietro allo sforzo, straordinario perché ha coinvolto migliaia di dispositivi anziché un singolo telefono con trappola esplosiva del tipo usato per assassinare il leader di Hamas Yahya Ayyash nel 1996. (Foto: Facebook Israele Defense Forces)

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