Roma, traffico di droga fra Montespaccato e Primavalle: sgominata banda di spacciatori
L’organizzazione usava i social network per comunicare e cercare di eludere i controlli
Roma, 25 settembre- I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma San Pietro hanno dato esecuzione a 4 ordinanze, che dispongono la misura cautelare della custodia cautelare in carcere, emesse dalla Sezione XI Riesame del Tribunale Ordinario di Roma, sulla base delle risultanze investigative emerse nel corso di un’indagine diretta dalla locale Procura della Repubblica, per l’ipotesi di reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope.
L’attività investigativa, condotta tra l’aprile e il luglio 2019 dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Roma San Pietro, ha consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza circa l’esistenza di una fiorente piazza di spaccio nei quartieri di Montespaccato e Primavalle, dedita alla vendita di sostanze stupefacenti, del tipo hashish e marijuana.
Nel corso dell’attività, a riscontro delle indagini, i Carabinieri avevano già compiuto 25 arresti in flagranza, tutti convalidati, per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.
Nello specifico, i soggetti monitorati, tutti gravati da precedenti analoghi, hanno dimostrato, nel corso delle indagini, di essere estremamente abili nel rifornirsi, anche da persone di origine straniera, di ingenti quantità di sostanza stupefacente, garantendo così ai venditori al dettaglio, un’operatività h24. Inoltre, dall’approfondimento investigativo, sono stati raccolti gravi elementi indiziari in ordine all’esistenza di una chiara struttura operativa e organizzativa, nella quale, mentre alcuni avevano il compito di avere contatti per il rifornimento della droga, altri dovevano interessarsi delle cessioni ai cosiddetti “galoppini” che dovevano quindi occuparsi della vendita al dettaglio, spesso orientata a una platea di minorenni. L’introito, che è stato possibile quantificare in circa 500mila euro su base mensile, arrivava nelle loro mani, per la successiva suddivisione.
Per cercare di eludere i possibili controlli delle forze dell’ordine, gli indagati utilizzavano, per comunicare, piattaforme telematiche – spesso social network – che hanno tuttavia consentito agli investigatori di raccogliere elementi indiziari in ordine alle attività criminose contestate.
Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio
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