L’ex tycoon è un isolazionista, la politica estera non è in cima alla sua agenda, e più volte ha attribuito a Zelensky la responsabilità della guerra. Kiev spera in Kamala Harris
Kiev, 3 novembre 2024 – Migliaia di truppe nord coreane si trovano in questo momento al confine con l’Ucraina. Circa 7mila soldati al servizio del dittatore Kim Jong-Un, che poche ore fa ha ufficializzato il sostegno della Corea del Nord a Mosca, sono state mandate in Russia e dispiegate nella provincia di Kursk, invasa dall’esercito ucraino negli scorsi mesi. Il presidente Zelensky ha confermato le informazioni raccolte dall’intelligence di Kiev, lanciando un disperato appello e puntando il dito contro l’Occidente che, secondo il leader di Kiev, “sta a guardare“. Zelensky ha puntato il dito soprattutto contro gli Stati Uniti, i principali alleati: senza il supporto armato ed economico di Washington, probabilmente l’Ucraina sarebbe già stata sconfitta da tempo.
Tuttavia, la guerra in Ucraina sembra essere passata in secondo piano per l’America, con gli aiuti che sono diminuiti nel corso del tempo. Questo per 2 ragioni fondamentali: la prima è l’aggravarsi della crisi in Medio Oriente, con gli Usa impegnati nell’ardua impresa di rimanere al fianco dello storico alleato israeliano ma senza legittimarne il massacro di Gaza. L’altro, invece, è politico: martedì 5 novembre gli americani dovranno scegliere il loro nuovo presidente. E non è roba da poco, dato che i due candidati hanno idee diametralmente opposte sul destino che dovrebbe spettare all’Ucraina. Se Kamala Harris – attuale vice presidente – vincerà, il sostegno a Kiev continuerà e forse aumenterà. Ma se a vincere dovesse essere Trump, la musica cambierebbe. Anzi, si fermerebbe.
Ucraina: con Trump sarebbe sconfitta?
L’ex tycoon non ha esitato a dire (a più riprese) che la responsabilità dell’invasione russa è da attribuire allo stesso Zelensky. Ha inoltre affermato che, se alla Casa Bianca ci fosse stato lui, il conflitto non sarebbe mai scoppiato visto il suo rapporto con Vladimir Putin, e che sarebbe in grado di chiuderlo nel giro di pochi giorni. Come lo farebbe? Non è dato sapere, ovviamente: Trump non ha mai fornito dettagli sulle modalità con cui intende mettere fine al conflitto. Tuttavia, negli scorsi giorni, il Financial Times ha scritto che il suo team lavora ad un piano per congelare la guerra, minimizzare il coinvolgimento degli Stati Uniti e trasferire sui Paesi europei gran parte dell’onere economico e la “supervisione” del processo di pace. Questo significherebbe creare zone autonome e zone smilitarizzate su entrambi i lati del confine e senza che l’Ucraina entri nella Nato, soddisfacendo quindi richieste di Putin.
A differenza di altre volte, qui c’è da credergli sulla parola. Trump è un isolazionista, la politica estera non è mai stata in cima alla sua agenda. Nella sua idea, gli Stati Uniti dovrebbe restare fuori dalle crisi in cui non siano direttamente coinvolti. Fosse per lui la Nato non esisterebbe nemmeno, e più volte ha ribadito l’idea di volersi tirare fuori dall’Alleanza Atlantica. Quelle poche volte che è intervenuto, lo ha fatto mettendo i dazi ai cinesi (ed ora vuole metterli anche sui prodotti europei) o è andato in visita in Corea del Nord, con tanto di baci ed abbracci a Kim. E a proposito di ciò: non è un caso che le truppe nordcoreane siano volate in Russia a poche ore dalle elezioni americane.
Insomma, se Trump dovesse diventare il nuovo presidente ed i Repubblicani avere la maggioranza del Congresso, gli aiuti per Kiev – economici e soprattutto militari – si ridurrebbero drasticamente. Con l’Ucraina, e quindi l’Europa, abbandonate al loro destino. Nel frattempo il Cremlino prepara lo champagne, ove mai servisse. (Foto: Instagram @realdonaldtrump)
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