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Siria nel caos, Trump se ne tira fuori. Ora tocca all’Europa

10 dicembre 2024 | 07:07
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Siria nel caos, Trump se ne tira fuori. Ora tocca all’Europa

Dopo la caduta di Assad, i ribelli dell’HTS – considerati dei terroristi da Onu, Ue e Stati Uniti – sono pronti a prendere il potere. Trump lo ha già detto: non è un affare americano. I russi si leccano le ferite. Ora l’Europa deve entrare in gioco: la crisi siriana avrà ripercussioni soprattutto nel Vecchio Continente

Damasco, 10 dicembre 2024 – C’è un peccato originale nella storia contemporanea con cui gli Stati Uniti devono fare i conti da ormai 20 anni: l’invasione dell’Afghanistan talebano, la feroce vendetta ordinata dal presidente George W. Bush dopo l’attentato dell’11 settembre: “Siamo sostenuti dalla volontà collettiva del mondo. Il popolo oppresso dell’Afghanistan conoscerà la generosità dell’America e dei suoi alleati” disse Bush in un discorso alla Nazione del 7 ottobre, dichiarando la sua “guerra al terrorismo” contro Al Qaeda, responsabile dell’attacco alle Torri Gemelle di pochi giorni prima. Poi però di peccato originale ce n’è un altro, che è ancora più grave: la disastrosa ritirata nel 2021. Dopo 20 anni esatti di guerra, in cui nessun obiettivo è stato raggiunto – a fronte di 176mila morti ed oltre 5 milioni di profughi- gli americani hanno riconsegnato l’Afghanistan ai talebani, nonostante i decenni passati a dire che “non si tratta con i terroristi“. Oggi i talebani sono molto più forti di quando se ne andarono la prima volta, consci di aver sconfitto le grandi potenze occidentali. Il tutto a discapito delle donne, vittime della sharia.

Siria, è davvero l’inizio di una nuova era?

Ciò che sta accadendo in Siria, non è del tutto paragonabile alla questione ventennale afghana, ma è uno spunto di riflessione da cogliere al volo. L’ormai deposto dittatore Bashar Al Assad (leggi qui), sconfitto dai ribelli dopo 24 anni di potere indiscriminato (e di 14 anni di guerra civile dimenticata), è un amico di Mosca, a cui ha prontamente chiesto – e ricevuto – asilo politico. Ora a Damasco si prepara a salire Al Jolani, il capo dell’HTS (il gruppo armato ribelle) il quale, intervistato in esclusiva dalla CNN, si mostra come un moderato ed uno statista. Eppure, fino a pochi anni fa, l’HTS era vicino all’ISIS ed Al Qaeda, salvo poi discostarsene ed addirittura combatterli. Ma questa presunta “redenzione” non cambia il fatto che l’HTS sia nata nel nome della jihad, la guerra santa islamica che ha portato il terrore anche in Europa. L’attentato al Bataclan di Parigi nel 2015, ed i successivi che ne scaturirono, non sono poi così lontani. Al Jolani ha promesso che non sarà imposto il velo alle donne e non ci saranno limitazioni di libertà: ma c’è davvero da fidarsi, specie da parte di noi europei?

Domanda complicata, a cui nemmeno i vertici occidentali sanno dare una risposta. Ma partiamo da un punto in cui tutti concordano, da Washington a Bruxelles: la caduta di Assad, un fulmine a ciel sereno, è un bene. Accusato fra le altre cose anche di aver utilizzato armi chimiche sui civili, ha recentemente ricevuto un mandato d’arresto internazionale, convalidato dalla Corte d’Appello di Parigi nei giorni scorsi, perché accusato di crimini di guerra e crimini contro l’umanità compiuti durante il conflitto. Assad esce di scena umiliato in pochi giorni, costretto a chiedere protezione a Putin, anch’egli impegnato a leccarsi le ferite (come detto, la Russia era la grande alleata di Assad, insieme all’Iran).

Trump se ne tira fuori. Il ruolo dell’Europa

Il problema, però, arriva adesso. L’HTS, la formazione militare guidata da Al Jolani, è considerata un’organizzazione terroristica – tra gli altri – da: ONU, Unione Europea, Stati Uniti e Regno Unito. Il 16 maggio 2013, al-Jawlānī è stato designato come “terrorista” dal Dipartimento di Stato americano, e 4 anni dopo venne annunciata una ricompensa di 10 milioni di dollari per informazioni che portassero alla sua cattura. Insomma: fuori un criminale di guerra, dentro i terroristi?

Nessun Paese riesce a prendere una posizione chiara sulla vicenda: prendersi la responsabilità di dare fiducia ad Al Jolani è un rischio che nessuno (o meglio, quasi…) si vuole prendere. Qualche dichiarazione estemporanea sulla necessità di proteggere i civili, raccomandazioni sul rispetto dei diritti umani, riflessioni sulla grande opportunità: tutte cose nobili ed assolutamente vere ed auspicabili, ma al tempo stesso molto aleatorie. Nessun’endorsement vero e proprio rivolto ai “ribelli“. La vera domanda a cui dovrà essere data una risposta in poco tempo è questa: l’Occidente sosterrà Al Jolani?

Intanto, qualcuno già si è esposto. Ovvero colui che, tra poco più di un mese, sarà ufficialmente l’uomo più potente del mondo. Il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, sottolineando la sconfitta di Putin ed esultando per la caduta di Assad, ha già detto che la Siria non è affare degli americani. “Non è la nostra battaglia” ha chiosato e, secondo quanto scritto dall’ISPI, potrebbe ritirare le forze statunitensi dalla Siria nord-orientale. Ed ora il pericolo c’è: non si può escludere che la Siria, martoriata da 24 anni di dittatura e 14 di guerra civile, faccia la stessa fine dell’Aghanistan. Già, perchè nonostante migliaia di siriani (anzi, milioni) stiano festeggiando dall’altra parte del confine, sognando un ritorno in patria, solo il tempo potrà dirci se ciò sarà davvero possibie.

La mancanza di una strategia chiara da parte dell’Occidente e la diffidenza nei confronti di un potenziale alleato come Al Jolani complicano ulteriormente la situazione. La storia ha dimostrato che un vuoto di potere, se non gestito con attenzione, può portare al sorgere di nuovi gruppi estremisti che prosperano nel caos (o la resurrezione di quelli che sembrano ad un passo dalla fine, come l’ISIS) che prosperano nel caos. Il concreto rischio è che la Siria potrebbe ripercorrere i tragici sentieri dell’Afghanistan, trasformandosi in un nuovo epicentro di violenza e instabilità, con ripercussioni che si faranno sentire ben oltre i suoi confini, dato che l’Europa dovrebbe affrontare una nuova immigrazione di massa che non sarebbe in grado di gestire. La speranza è che milioni di siriani possano tornare in patria, come sarebbe loro diritto fare.

Dunque, con Trump concentrato sugli affari interni agli Stati Uniti, e con i russi ancora impegnati sul fronte ucraino (vedremo per quanto), ora tocca all’Europa entrare in gioco. Prima che sia troppo tardi.

*Lorenzo Contigliozzi – corrispondente dagli Stati Uniti.

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