Con una raffica di ordini esecutivi, il Presidente è pronto ad inaugurare il suo secondo mandato e pone le basi per un’America più protezionista e dominante. Dai dazi alla politica estera, cosa aspettarsi dal Trump II
Washington, 20 gennaio 2024 – Un gelo polare avvolge Washington, congelando la città, come a fermare il tempo prima della tempesta che sta per abbattersi sull’America: tra meno di un’ora, Donald Trump tornerà ufficialmente a sedersi nello Studio Ovale della Casa Bianca, pronto a inaugurare un secondo mandato che promette di essere ancora più dirompente del primo.
Non è solo un ritorno al potere: è l’inizio di una nuova era, in cui il 47° Presidente degli Stati Uniti intende imporsi come il protagonista assoluto. Ogni dettaglio è studiato per comunicare forza, controllo e una promessa implicita: l’America tornerà al centro di tutto, ma alle sue condizioni. E mentre i sostenitori inneggiano al loro leader e gli oppositori si preparano a resistere, una cosa è certa: il gelo che paralizza la capitale non è nulla in confronto alla tempesta politica che si profila all’orizzonte. Trump non è qui per mantenere l’equilibrio: è qui per riscriverlo.
Il ritorno di Trump è accompagnato da simboli studiati nei minimi particolari. A cominciare dal suo nuovo ritratto presidenziale, che ricorda la celebre foto segnaletica del 2023. Niente sorriso e volto disteso – a differenza della prima volta – ma uno sguardo duro, glaciale, a tratti inquietante, a quasi di sfida. “Sono tornato”, sembra dire. Ma non ai suoi alleati, bensì ai suoi nemici.
Day one, l’agenda di Trump
Nel suo primo giorno di mandato, Trump ha promesso una raffica di ordini esecutivi destinati a far discutere. Sul fronte interno, dichiarerà un’emergenza nazionale al confine meridionale, rafforzando le deportazioni e aumentando la sicurezza. Ha annunciato il ritorno del “Muslim ban” e l’abolizione del diritto di cittadinanza per nascita, segnando una netta inversione rispetto alle politiche più inclusive dell’amministrazione Biden.
Non meno clamorose sono le sue mosse sul fronte economico: Trump prevede di imporre dazi significativi sulle importazioni da Cina, Messico Canada ed Europa in generale, in nome della protezione dell’industria americana. Questi provvedimenti, che potrebbero scatenare una nuova guerra commerciale, mirano a riportare la produzione negli Stati Uniti, ma rischiano di incrinare ulteriormente le relazioni con i partner commerciali.
Politica estera
Durante il comizio finale di ieri Washington, durato quasi un’ora, Trump ha ricordato a tutti – specie ai diretti interessati – il suo programma di politica estera. Davanti a una folla di sostenitori in delirio (c’è chi ha pianto), ha promesso di porre fine alla guerra in Ucraina, impegnandosi a negoziare un accordo di pace che risolva il conflitto in tempi rapidi. E ora, Kiev vive la sua attesa più lunga, tra l’incertezza sul futuro del sostegno militare americano e il timore che il compromesso che Trump intende negoziare possa giocare a favore di Mosca.
Poi c’è il Medio Oriente, con Trump che si è già preso il merito della tregua (e a onor del vero, anche Biden ha ammesso che l’Amministrazione entrante ed uscente hanno lavorato insieme). Il Presidente si propone di risolvere la crisi tra Israele e Hamas e rilanciare gli Accordi di Abramo, mirando a un’intesa storica tra Israele e l’Arabia Saudita. La sua strategia prevede pressioni, minacce e promesse mirate per garantire una stabilità che, almeno sulla sua carta, dovrebbe spegnere i focolai.
Panama, Canada e Groenlandia
Oltre a rimettere mano alle politiche migratorie e commerciali, Trump ha annunciato che intende rivedere il costo del controllo del Canale di Panama, definito “troppo oneroso per l’America.” Il presidente non esclude la possibilità di un accordo più vantaggioso o, come ha accennato, di una presa di controllo diretta. Per Trump, Panama è una questione di sovranità strategica: un punto cruciale per il commercio globale che non deve sfuggire al controllo americano.
Le relazioni tra Stati Uniti e Canada sono destinate a subire drastici cambiamenti sotto la nuova amministrazione Trump. Il Presidente ha già manifestato l’intenzione di rivedere gli accordi commerciali esistenti, minacciando l’imposizione di pesanti dazi sulle importazioni canadesi. Inoltre, le recenti dichiarazioni di Trump, che ha suggerito l’annessione del Canada come 51° stato degli Stati Uniti, hanno già dato il loro effetto, con il primo ministro Justin Trudeau costretto a dimettersi (non solo per le minacce di Trump, che però hanno rappresentato la punta dell’iceberg).
Non poteva mancare la Groenlandia, tornata tra le priorità di Trump. E’ quasi un’ossessione che dura da anni. Dopo il fallito tentativo di acquisto durante il primo mandato, Trump ribadisce che l’isola è una risorsa strategica per il dominio artico. L’interesse americano è dettato non solo dalle ricchezze naturali dell’isola, ma anche dalla competizione con la Cina e la Russia per il controllo delle rotte artiche.
Trump II: cosa aspettarsi
Trump non è noto per il compromesso: è un leader che impone la sua volontà con una determinazione che pochi altri riescono a eguagliare. Le sue promesse di porre fine alla guerra in Ucraina, rilanciare gli Accordi di Abramo in Medio Oriente e proteggere l’economia americana con dazi e politiche protezionistiche sono il segnale di una presidenza che non si adatterà alle dinamiche tradizionali della diplomazia, ma cercherà di ridisegnarle a propria immagine e somiglianza, e seguendo solo i propri interessi. Trump non governerà cercando consensi, ma esercitando potere. La sua leadership è costruita su una visione chiara: l’America non deve adattarsi al mondo, ma plasmarlo e semmai si adattino gli altri. Sarà una sfida complessa e destabilizzante, ma se c’è una cosa che Trump ha dimostrato in passato è che raramente si preoccupa delle conseguenze. Anche perchè spesso ricadono sulle teste degli altri. Il tempo ci dirà… ma nel frattempo, è tornato.
*Lorenzo Contigliozzi – corrispondente dagli Stati Uniti.
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