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Il tempo non perdona: con ogni voce che si spegne, si avvicina il momento in cui la Shoah sarà affidata esclusivamente ai libri di storia, agli archivi… e ai nostri docenti
Roma, 28 gennaio 2025 – Con il passare degli anni, le voci che portano testimonianza diretta degli orrori della Shoah si stanno spegnendo, una dopo l’altra. Liliana Segre, senatrice a vita e sopravvissuta ad Auschwitz, l’allarma lo ha lanciato: “Quando noi sopravvissuti saremo tutti morti, i nostri diretti eredi e bravi insegnanti ricorderanno per un po’; poi ci sarà l’oblio”. Le sue parole, pronunciate in occasione del Giorno della Memoria, sono un monito potente a non lasciare che il passato svanisca nell’indifferenza.
I superstiti dell’Olocausto hanno portato avanti per decenni un lavoro instancabile: raccontare le atrocità di un periodo in cui l’umanità ha toccato il suo punto più basso. Con loro se ne va anche il peso emotivo e morale di chi ha vissuto l’orrore nazi-fascista sulla propria pelle. Ascoltarli è stato molto più che un esercizio di storia: è stato, e continua ad essere, uno specchio per comprendere dove può condurre l’odio e l’indifferenza. Ma il tempo non perdona, e con ogni voce che si spegne, si avvicina il momento in cui la Shoah sarà affidata esclusivamente ai libri di storia, agli archivi e ai nostri professori. Segre lo ha detto chiaramente: “Una volta spariti i testimoni diretti, la Shoah rischia di diventare solo una frase nei libri di storia”.
Il Medio Oriente e l’ombra dell’odio
Oggi, mentre ricordiamo l’Olocausto, il mondo è attraversato da nuove tragedie. L’esercito israeliano è accusato di crimini contro l’umanità e dovrà presto risponderne davanti alla Corte Penale Internazionale dell’Aja. La devastazione e il numero di vittime civili hanno scosso la comunità internazionale. Tuttavia, Liliana Segre ci avverte del rischio che questi eventi tragici vengano strumentalizzati per alimentare un nuovo odio, spesso mascherato da critica politica. La Shoah rappresenta qualcosa di unico nella storia dell’umanità: la sistematica distruzione di un intero popolo, organizzata con precisione burocratica e portata avanti in nome di un’ideologia di sterminio. Confondere o sovrapporre questi orrori con le tragedie attuali rischia di oscurare ciò che è stato l’Olocausto e di offrire a chi coltiva pregiudizi antisemiti una scusa per riemergere con il loro odio.
Segre non nega la necessità di giustizia per i crimini commessi oggi, ma ci ricorda che l’unicità della Shoah deve rimanere intatta. Separare gli orrori di oggi da quelli di ieri è un compito necessario per mantenere viva la memoria senza che venga distorta o offuscata.
Ai professori l’arduo compito
Quando non ci saranno più Liliana Segre o Sami Modiano a raccontare cosa è stato Auschwitz, saranno gli insegnanti a dover custodire questa memoria. La responsabilità che grava sui sistemi educativi di tutto il mondo è enorme: non si tratta solo di trasmettere date e fatti, ma di far capire alle nuove generazioni l’impatto umano, morale e sociale di quegli eventi. La memoria, infatti, non è un semplice ricordo: è un antidoto contro l’odio e il pregiudizio, è uno strumento di prevenzione per evitare che il passato si ripeta. Ma siamo sicuri che stiamo facendo abbastanza per trasmettere questa consapevolezza? Segre, pessimista per natura, ha sollevato un dubbio scomodo: “Dopo di noi, quanto durerà prima che tutto cada nell’oblio?”
La memoria della Shoah non appartiene solo al passato, ma al presente e al futuro. Non è un’eredità da custodire passivamente, ma una responsabilità attiva. Perché quando i superstiti non ci saranno più, non potremo più voltarci indietro per chiedere loro di raccontare ancora una volta. Saremo noi, e solo noi, a dover fare in modo che il silenzio non vinca. (Foto: Wikipedia)
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