Gli italiani sono contenti del lavoro che fanno?

5 febbraio 2025 | 14:59
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Gli italiani sono contenti del lavoro che fanno?

Sondaggio svela ambizioni nascoste e differenze di genere: i consigli per invertire la tendenza e avere un impiego gratificante.

Chi è in cerca di lavoro ne sogna semplicemente uno, ma chi ce l’ha è davvero soddisfatto? Secondo un recente sondaggio la risposta è ‘no’: anche chi lavora a tempo pieno, e con una retribuzione adeguata, vuole nuove opportunità.

Lavoro e gratificazione

L’indagine di CVwizard.com, piattaforma che supporta milioni di utenti nella ricerca di lavoro in tutto il mondo, è uno studio articolato che fa luce sulle principali tendenze, sfide e opportunità che si presentano oggi a professionisti, o aspiranti tali, tra i 18 e i 60 anni. Tra gli insight del sondaggio emerge proprio questo dato: il senso di gratificazione che il lavoro dà (o dovrebbe dare) non è così diffuso.

Quasi la metà dei partecipanti (46,54%) ha dichiarato di essere impiegata a tempo pieno e, al contempo, di cercare attivamente un nuovo impiego. Il che significa che molte persone, pur avendo un’occupazione full-time, non si sentono realizzate o vedono scarse prospettive di crescita.

L’insoddisfazione deriva da compensi inadeguati? Sempre secondo l’indagine, ben più della metà dei partecipanti (oltre il 61%) si ritiene soddisfatta del proprio stipendio. Anche se la percezione cambia in base genere: a ritenere di avere un compenso adeguato è circa il 67% degli uomini, mentre tra le donne la percentuale scende a poco più del 55%. I gap retributivi, ovviamente, possono incidere molto sulla percezione del proprio valore professionale e, di conseguenza, sulla motivazione a rimanere in azienda.

Per quanto riguarda l’Italia, il punto di vista di chi lavora riflette esattamente quello del sondaggio. Secondo più di un osservatorio nazionale, a partire dal Censis, meno della metà delle persone attive nel mercato del lavoro si ritiene soddisfatta del proprio impiego. Il livello di insoddisfazione è particolarmente alto tra chi abita nel Nord-Ovest, tra i colletti blu e tra i giovani della Generazione Z. In generale, il trend in atto è quello di mettere al centro il benessere personale. E siccome si tratta di una tendenza evidente dal periodo post-pandemico, organizzazioni e aziende dovrebbero già esserne consapevoli, e agire di conseguenza per limitare il turnover.

Welfare, cultura aziendale e leadership: tre fattori chiave

La soddisfazione sul lavoro non dipende soltanto dallo stipendio. Benefit, flessibilità oraria, possibilità di lavoro da remoto sono elementi che possono migliorare, e anche molto, l’equilibrio fra vita privata e professionale. Quando un’azienda investe in programmi di questo tipo e in welfare, come copertura sanitaria integrativa o servizi per la famiglia, i dipendenti si sentono più tutelati e riconoscenti.

Anche la cultura aziendale incide in modo determinante. Comunicazione interna carente, scarsa attenzione all’ascolto, poche opportunità di crescita sono tutti fattori che contribuiscono a demotivare i dipendenti, inducendoli a cercare opportunità altrove. Al contrario, team affiatati e trasparenti, dove si incentivano lo scambio di idee e il riconoscimento dei meriti, contribuiscono a rafforzare il senso di appartenenza e la propensione a sviluppare collaborazioni stabili e reciprocamente soddisfacenti.

Infine, anche lo stile della leadership può fare la differenza. Manager attenti alle esigenze del personale, capaci di ascoltare e di trasmettere obiettivi chiari, generano maggiore coinvolgimento. Una guida autoritaria, al pari di una guida assente, rischia invece di intimorire e demoralizzare, senza ottenere contributi significativi nel lungo termine. Investire su corsi di formazione sulla leadership orizzontale, sulla comunicazione empatica e sull’ascolto attivo sono delle ottime mosse per le aziende che vogliono migliorare produttività e stato d’animo del personale, qualunque sia il settore o l’ambito operativo.

Consigli per chi cerca lavoro (o vuole cambiarlo)

Per i candidati in cerca di lavoro, per i dipendenti che vogliono cambiarlo e i libero-professionisti che puntano ad acquisire nuovi clienti, il consiglio è di identificare le imprese che mettono al centro il benessere della persona.

Il primo passo per farlo è prendere in considerazione i valori aziendali: leggere la mission, la vision e le politiche di responsabilità sociale sul sito ufficiale e i canali social dell’azienda permette di capire se il rispetto per le persone e la crescita professionale sono tra le priorità – quanto meno sulla carta.

Dopodiché conviene raccogliere informazioni dirette: parlare con dipendenti o ex dipendenti e confrontarsi con professionisti dell’ambiente può dare un quadro più realistico e trasparente del clima interno.

Durante il colloquio, porre cortesemente delle domande sui programmi di formazione, sulle opportunità di avanzamento di carriera e sui benefit previsti è del tutto legittimo, oltre che necessario. In questo frangente, se possibile, è consigliabile anche valutare lo stile di leadership dei manager con cui si interagisce. L’approccio durante il colloquio può infatti rivelare molto sulla cultura aziendale e sull’attenzione rivolta alle esigenze del personale.

Infine, non bisogna sottovalutare l’importanza di una corretta gestione del lavoro flessibile, che negli ultimi anni si è dimostrata un elemento decisivo per garantire un migliore bilanciamento tra lavoro e vita privata. Anche in questo caso, se non è specificato nell’annuncio di lavoro, la questione va messa in chiaro in fase di colloquio.

Così ci saranno tutte le premesse per costruire un percorso più soddisfacente: sereno, gratificante e auspicabilmente stabile.