Operazione mare, caccia alle reti da pesca sommerse abbandonate

L’ordinanza della Capitaneria fa riferimento agli articoli 17 e 30 del Codice della Navigazione e all’articolo 59 del relativo Regolamento di Esecuzione, a conferma della solidità giuridica dell’intervento
Fiumicino, 18 aprile 2025- Reti da pesca abbandonate, attrezzi da acquacoltura sommersi e pericoli nascosti sotto la superficie del mare. È iniziato il nuovo intervento di bonifica nello specchio d’acqua tra Fregene e Maccarese, nell’ambito del Progetto Ghost Nets, promosso per rimuovere le cosiddette “reti fantasma” che mettono a rischio l’ambiente marino e la sicurezza della navigazione. L’operazione, autorizzata dalla Capitaneria di Porto di Roma con ordinanza n. 45/25, coinvolgerà fino al 27 aprile un raggruppamento composto dal Consorzio CASTALIA, il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa) e la Fondazione Marevivo.
L’obiettivo è chiaro: individuare, catalogare e in un secondo momento rimuovere gli strumenti da pesca abbandonati nei fondali. Per farlo, la squadra utilizzerà tecnologie avanzate come veicoli subacquei ROV (Remotely Operated Vehicle), sonar di tipo “Side Scan” e “Multibeam”, evitando l’impiego di operatori subacquei e garantendo così una maggiore sicurezza durante le fasi di rilievo. Si tratta di un’azione ad alta precisione, fondamentale per mappare esattamente la presenza e la posizione degli attrezzi sommersi, che non di rado si accumulano anche in punti di elevato pregio naturalistico o in zone di passaggio di cetacei.
A condurre materialmente le operazioni in mare sarà la motobarca “Elettra”, iscritta alla Capitaneria di Porto di Castellammare di Stabia e di proprietà della società Prisma S.r.l. Il mezzo, appositamente attrezzato per operazioni ambientali, sarà impegnato all’interno di un’area marina delimitata da quattro coordinate GPS, attentamente indicate nell’ordinanza ufficiale. Le attività saranno concentrate nella fascia costiera di Fiumicino, particolarmente soggetta all’accumulo di attrezzi da pesca non più in uso, trasportati dalle correnti o abbandonati illegalmente.
Per tutta la durata delle attività, le unità in transito nella zona saranno obbligate a ridurre la velocità e a mantenere una distanza minima di 100 metri dall’imbarcazione operativa.
L’Elettra, infatti, sarà considerata a tutti gli effetti un’unità con difficoltà di manovra, debitamente segnalata secondo il Codice Internazionale dei Segnalamenti. L’ordinanza chiarisce inoltre che eventuali danni a persone o cose non saranno imputabili all’Autorità Marittima, che viene espressamente manlevata da responsabilità civili.
Il tratto di mare interessato dall’intervento è quello più esposto all’attività di pesca e acquacoltura del litorale nord di Fiumicino. L’azione rientra in un quadro più ampio di iniziative ambientali sostenute dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e coordinate con il supporto di enti scientifici e realtà ambientaliste. A rendere necessario l’intervento, è anche il fatto che queste “reti fantasma” costituiscono un vero e proprio inquinante sommerso: non solo alterano l’ecosistema, ma continuano ad esercitare un effetto letale sulla fauna marina anche a distanza di anni.
Ogni anno, secondo i dati diffusi da Marevivo, centinaia di migliaia di tonnellate di attrezzature da pesca vengono perse o abbandonate nei mari del pianeta. Reti, nasse, lenze e tramagli si trasformano in trappole invisibili, capaci di imprigionare pesci, tartarughe, delfini e persino uccelli marini. È il fenomeno noto come “ghost fishing”, una delle forme meno visibili ma più insidiose di inquinamento marino.
Le normative italiane ed europee puntano sempre più a prevenire questi fenomeni attraverso l’adozione di sistemi di tracciabilità degli attrezzi da pesca e la responsabilizzazione degli operatori del settore. Tuttavia, la rimozione del materiale già disperso richiede azioni concrete e coordinate come quella avviata a Fiumicino. È in questo contesto che si inserisce il Progetto Ghost Nets, che non rappresenta un’operazione isolata, ma fa parte di un più ampio piano di monitoraggio e bonifica delle coste italiane.
Il tratto compreso tra Fregene e Maccarese è stato scelto non a caso. L’area è fortemente frequentata sia da pescherecci professionali sia da diportisti, ed è al tempo stesso un ecosistema delicato che merita protezione. La presenza delle reti nei fondali non costituisce soltanto un problema ecologico, ma anche un rischio concreto per la sicurezza della navigazione: una rete incagliata può impigliare le eliche di un’imbarcazione o causare danni agli scafi, oltre a costituire un ostacolo invisibile per le immersioni.
L’ordinanza della Capitaneria fa riferimento agli articoli 17 e 30 del Codice della Navigazione e all’articolo 59 del relativo Regolamento di Esecuzione, a conferma della solidità giuridica dell’intervento. Le misure previste, incluse le prescrizioni per la sicurezza delle unità in transito, sono il risultato di un’attenta valutazione tecnica e giuridica mirata a prevenire ogni tipo di interferenza o incidente durante le operazioni.
Non si tratta solo di un’azione contingente. I partner coinvolti – CASTALIA, CoNISMa e Marevivo – hanno già espresso l’intenzione di estendere l’iniziativa ad altri tratti di mare, con l’obiettivo di costruire un database nazionale sugli attrezzi da pesca sommersi. Il modello operativo sperimentato in questo tratto di costa potrà essere replicato in altre aree critiche, creando una sinergia stabile tra enti scientifici, istituzioni e autorità portuali.
A rendere ancor più strategico l’intervento è la volontà di coinvolgere anche i pescatori locali, che potranno collaborare segnalando la presenza di attrezzature abbandonate. Una forma di cittadinanza attiva e partecipazione diretta che mira non solo alla salvaguardia dell’ambiente, ma anche alla costruzione di una nuova cultura del mare, basata sul rispetto, sulla prevenzione e sulla responsabilità condivisa.