
Una foto che fa il giro del mondo: Trump e Zelensky a colloquio nell’Atrio di San Pietro. Gli Stati Uniti aprono a garanzie di sicurezza per l’Ucraina, mentre Trump accusa Putin di sabotare la pace
Citta’ del Vaticano, 26 aprile 2025 – A pochi metri dalla bara contenente il feretro di Papa Francesco, precisamente nell’Atrio della Basilica di San Pietro, è andato in scena il face to face tra i presidenti Donald Trump e Volodymyr Zelensky. Un incontro già sulla bocca di tutti, testimoniato da una fotografia destinata a entrare di diritto nei libri di storia e che ha già fatto il giro del mondo, più per l’impatto mediatico e simbolico che per il contenuto del colloquio: il leader di un Paese in guerra e il presidente della più grande potenza del mondo — che pochi mesi fa lo aveva pubblicamente umiliato nello Studio Ovale della Casa Bianca — seduti faccia a faccia nell’Atrio più solenne della cristianità, poco prima di prendere parte ai funerali dell’uomo che piú di chiunque ha predicato la pace. Sembrava un confessionale, anche se in questo caso non é chiaro chi fosse il confessore ed il confessato. Ma tant’è: nessun tavolo, nessun interprete, e nessun J.D Vance pronto ad entrare a gamba tesa contro il leader ucraino alla prima occasione utile. Solo Trump e Zelensky, soli sotto gli affreschi e i marmi secolari.
L’incontro è durato poco, un quarto d’ora scarso. Ma tanto è bastato per mandare in brodo di giuggiole Zelensky che, sui social, ha definito l’incontro “potenzialmente storico”. Già, perchè secondo quanto riportato dal Telegraph, gli Stati Uniti si sono offerti privatamente di fornire garanzie di sicurezza alla cosiddetta “coalizione dei volenterosi” promossa dal premier britannico Keir Starmer e dal presidente francese Emmanuel Macron, con il lavoro nemmeno troppo sottotraccia anche di Giorgia Meloni: un’alleanza di Paesi disposti a proteggere l’Ucraina anche senza aspettare un pieno ingresso nella Nato.
Ucraina, Trump tra due “fuochi”
Uscendo fuori dai simbolismi, tocca fare i conti con la realtá. Trump ha fretta di chiudere la guerra, a tal punto che ha presentato negli scorsi giorni un piano di pace che di fatto prevede la vittoria completamente della Russia: riconoscimento della Crimea come parte del territorio russo, congelamento della linea del fronte, controllo de facto dei territori occupati, allentamento delle sanzioni. E, ovviamente, esclusa qualsiasi ipotesi d’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Insomma, la bozza iniziale del piano Trump prevederebbe la resa di Kiev, motivo per cui è stato prontamente rispedito al mittente. Rifiutato, senza se e senza ma.
Negli ultimi giorni, tuttavia, Trump ha iniziato ad attaccare anche Putin, soprattutto dopo l’ennesima escalation russa a Pasqua. Di fronte al pesante bomardamento su Kiev durante le festività – con decine di vittime civili – il Presidente ha cambiato parzialmente registro e ha criticato pubblicamente il Cremlino. In un post su Truth Social appena atterrato a Roma per i funerali di Francesco, Trump aveva già fatto lanciato l’esca: “Appena atterrato a Roma. Una buona giornata di colloqui e incontri con Russia e Ucraina. Sono molto vicini a un accordo, e le due parti dovrebbero ora incontrarsi, a livelli molto alti, per ‘concluderlo’. La maggior parte dei punti principali è stata concordata. Fermate lo spargimento di sangue, ORA. Saremo ovunque sia necessario per aiutare a facilitare la FINE di questa guerra crudele e insensata!”
Trump spinge per una chiusura rapida e si propone apertamente come facilitatore dell’accordo, ma allo stesso tempo inizia a mostrare nervosismo per il comportamento di Mosca. Si è reso conto che Putin non si ferma davanti a nessuno, nemmeno di fronte a lui. Ed un uomo orgoglioso come Trump non può accettarlo, è più forte di lui. Ecco perchè oggi 26 aprile, sempre sui suoi canali social, ha rincarato la dose: “Putin vuole fermare la guerra o mi prende in giro? La guerra in Ucraina non è mia, è di Biden e non sarebbe mai successa se io fossi stato presidente. Io sto cercando solo di ripulire il pasticcio che mi hanno lasciato Obama e Biden. Putin non aveva motivo di sparare missili in aree civili e città negli ultimi giorni. Mi fa pensare che forse non vuole fermare la guerra, che mi sta prendendo in giro e che deve essere trattato in modo diverso, attraverso sanzioni bancarie o secondarie? Troppa gente sta morendo“. Nonostante abbia già minacciato sanzioni nei confronti di Mosca in passato, è la prima uscita pubblica in cui Trump attacca duramente Putin. E, in una recente dichiarazione alla Casa Bianca, ha detto testualmente: “Non potete nemmeno immaginare quanta pressione stia mettendo sulla Russia“.
È il doppio binario su cui Trump sta cercando di muoversi: spingere per una soluzione rapida, accettare compromessi dolorosi per Kiev, ma allo stesso tempo tenere Mosca sotto pressione, per evitare che Putin si approfitti della situazione e trasformi l’armistizio in una vittoria strategica completa. Un equilibrio precario, cercato proprio nel giorno in cui il mondo ha reso omaggio ad un Papa che ha dedicato il suo Pontificato a costruire ponti. Nel frattempo, però, l’Atrio di San Pietro avrà l’arduo compito di custodire tra le sue mura il breve colloquio tra Trump e Zelensky. E chissà che da qui non parta davvero il primo, fragile mattone di una pace ancora tutta da costruire. (Foto: X @POTUS)
*Lorenzo Contigliozzi – corrispondente dagli Stati Uniti.
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