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100 giorni. Trump ha rotto gli schemi

29 aprile 2025 | 09:23
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100 giorni. Trump ha rotto gli schemi

Tra deportazioni, maxi-tariffe, negoziati di pace ed il sogno di portare l’America su Marte, il Trump 2.0 affronta la sua prima importante deadline. A che punto siamo?

Washington, 29 aprile 2025 – Deportazioni di massa, maxi-tariffe generalizzate, promesse di pace in Europa e Medio Oriente, ambizioni su Canada e Groenlandia, “pulizia” delle agenzie federali, e il sogno di portare l’America su Marte. I primi 100 giorni del secondo mandato di Donald Trump hanno rotto gli schemi. Un’accelerazione senza precedenti, nel bene e nel male, che ha ridefinito le priorità dell’America, lasciando alle sue spalle alleati disorientati, nemici irritati e un Paese più polarizzato che mai

Deportazioni e stretta sull’immigrazione

Tra le misure più discusse del Trump 2.0, ci sono le politiche di deportazioni di massa, con oltre 139.000 persone rimpatriate dal 20 gennaio – giorno dell’insediamento – ad oggi. Lo “zar della frontiera” Tom Homan, il supervisore delle frontiere, ha avvertito gli immigrati irregolari: autodenunciarsi o affrontare procedimenti penali, inclusi arresti e multe giornaliere fino a 998 dollari. Le autorità federali hanno anche preso di mira le cosiddette “città santuario”, minacciando azioni legali e tagli ai finanziamenti federali per le giurisdizioni che non collaborano con le politiche migratorie federali.

I casi controversi ci sono, anche dai risvolti drammatici. A cominciare dalla deportazione di Kilmar Abrego Garcia, residente in Maryland: nonostante una sentenza del 2019 che gli garantiva protezione dalla deportazione, è stato erroneamente rimpatriato in El Salvador, dove è stato incarcerato senza processo. La Corte Suprema ha ordinato al governo di facilitare il suo ritorno, ma l’amministrazione Trump ha sostenuto di non avere l’autorità legale per farlo.

Inoltre, l’ICE (ICE, acronimo di Immigration and Customs Enforcement) ha deportato tre bambini cittadini statunitensi insieme alle loro madri non documentate. Uno di loro, un bambino di 4 anni affetto da cancro in stadio avanzato, è stato rimpatriato senza accesso alle cure mediche. I legali delle famiglie affermano che queste azioni violano i diritti costituzionali e hanno intentato cause legali contro l’amministrazione Trump

La guerra dei dazi

Sul fronte economico, come noto, Trump ha introdotto una tariffa minima del 10% su tutte le importazioni, con aliquote significativamente più elevate su alcuni beni, come i componenti automobilistici cinesi, soggetti a tariffe fino al 245%. I dazi – attualmente sospesi da Trump – hanno fatto crollare le borse (compresa Wall Street) e titoli di Stato, distruggendo la fiducia dei mercati. Una vera e propria guerra commerciale.

Le tariffe hanno portato a un aumento dei prezzi per i consumatori americani. Secondo il Tax Foundation, le tariffe del 2025 comporteranno un aumento medio delle tasse di circa 1.243 dollari per famiglia statunitense. La Federal Reserve ha avvertito che queste misure probabilmente aumenteranno l’inflazione – che ha gravato sull’economia americana negli ultimi anni – e rallenteranno la crescita economica.

Ucraina

In politica estera, Trump ha promesso di porre fine rapidamente ai conflitti in Ucraina e Gaza. Ma siamo ancora in alto mare, anzi, sotto le bombe.

Trump un merito concreto ce l’ha: che lo si voglia ammettere o no – e se ne possono contestare i modi – i negoziati tra Russia e Ucraina sono ricominciati sotto il suo secondo mandato, a distanza di 3 anni dall’ultima volta. L’incontro tra il tycoon e Volodymyr Zelensky in Vaticano – che ha seguito di qualche mese quello disastroso alla Casa Bianca – ha rappresentato un momento di riavvicinamento. Svoltosi nell’Atrio della Basilica di San Pietro, poco prima dei funerali di Papa Francesco, il colloquio è stato definito “molto produttivo” da entrambe le parti. Zelensky lo ha descritto come “potenzialmente storico”, sottolineando l’importanza simbolica del luogo e del momento.

Tuttavia, nonostante il tono più disteso, i progressi concreti nei negoziati di pace restano limitati. Trump ha espresso pubblicamente la convinzione che Zelensky sia disposto a cedere la Crimea alla Russia come parte di un accordo di cessate il fuoco, affermazione che ha suscitato preoccupazione tra gli alleati europei e che contrasta con le precedenti dichiarazioni ucraine.

Inoltre, Trump ha manifestato crescente frustrazione nei confronti di Vladimir Putin, accusandolo di “prenderlo in giro” e minacciando l’imposizione di nuove sanzioni se la Russia non interromperà gli attacchi contro obiettivi civili in Ucraina.

Gaza e Medio Oriente

Sul Medio Oriente, invece, c’è ben poco da dire per il momento. Un cessate il fuoco iniziale a Gaza è crollato, con Trump che accusa Hamas di ostacolare la pace e pressa Israele per consentire l’accesso umanitario. Ma a fare scalpore, piú che tutto ciò, è stato l’aver ripetuto continuamente l’idea secondo cui i palestinesi dovrebbero andarsene dalla propria terra.

In diverse dichiarazioni pubbliche, Trump ha sostenuto che i palestinesi di Gaza “non hanno altra scelta che andarsene”, proponendo una loro “ricollocazione permanente” in altri paesi della regione. Ha descritto Gaza come un “inferno” e ha affermato che gli abitanti “sarebbero felici di andarsene” per cercare una vita migliore altrove. Queste affermazioni hanno suscitato forti critiche da parte di organizzazioni per i diritti umani e di numerosi governi, che le hanno interpretate come un sostegno alla pulizia etnica e una violazione del diritto internazionale.

Il piano proposto da Trump prevede che gli Stati Uniti “prendano il controllo” della Striscia di Gaza, trasformandola in una “Riviera del Medio Oriente” attraverso una completa ricostruzione e la rimozione di oltre 50 milioni di tonnellate di macerie e ordigni inesplosi. Secondo il piano, i palestinesi non avrebbero il diritto di tornare a Gaza, e la zona sarebbe abitata da “persone di tutto il mondo”.

Canada. Groenlandia…. e Panama

Parallelamente, Trump ha espresso interesse per l’annessione della Groenlandia e ha suggerito che il Canada potrebbe diventare il 51º stato degli Stati Uniti. Il come, però, non l’ha mai detto. O meglio, non ha “escluso nessuna ipotesi”, nemmeno quella di mandare le truppe in Groenlandia.

A gennaio 2025, Trump ha dichiarato di non poter garantire che gli Stati Uniti non useranno la forza militare o la coercizione economica per ottenere il controllo della Groenlandia e del Canale di Panama, sottolineando l’importanza strategica di questi territori per la sicurezza nazionale. Ha affermato: “Prenderemo la Groenlandia, al 100%. Penso ci sia una buona possibilità che potremo farlo senza l’uso della forza militare, ma non escludo nulla”.

Per quanto riguarda il Canada, Trump ha più volte suggerito che dovrebbe diventare il 51º stato degli Stati Uniti. In un’intervista recente, ha insistito di essere serio riguardo a questa proposta, affermando che l’annessione risolverebbe le tensioni commerciali e porterebbe benefici economici ai canadesi. Durante le elezioni federali canadesi del 28 aprile 2025, Trump ha rilanciato la sua proposta, scrivendo su Truth Social: “Basta con le linee tracciate artificialmente tanti anni fa. Guarda quanto sarebbe bella questa massa di terra”.

Riforma delle agenzie federali

L’amministrazione Trump ha avviato una profonda ristrutturazione delle agenzie federali, reintroducendo e ampliando la “Schedule F”, un ordine esecutivo che riclassifica migliaia di funzionari pubblici come “impiegati di nomina fiduciaria”. In concreto, questo consente di licenziare rapidamente chiunque ricopra ruoli che influenzano le politiche governative, senza le tradizionali protezioni previste per il pubblico impiego. Trump punta così a smantellare quella che definisce la “burocrazia permanente” di Washington, liberandosi di dirigenti e funzionari ritenuti ostili alla sua agenda. Elon Musk, nominato a capo del neonato Dipartimento per l’Efficienza Governativa (DOGE) e che a breve lascerá l’incarico per “concentrarsi di nuovo su Tesla” (le cui vendite sono crollate) ha introdotto pratiche manageriali aggressive, tra cui l’invio di email settimanali ai dipendenti federali con la richiesta di elencare cinque risultati ottenuti, minacciando il licenziamento in caso di mancata risposta.La misura, però, ha provocato l’allarme dei sindacati e delle associazioni di categoria, che denunciano il rischio di politicizzazione estrema della macchina federale e di una vera e propria epurazione ideologica.

Dalla Luna a Marte

Trump ha rilanciato l’obiettivo di portare astronauti americani su Marte entro la fine del suo mandato, anche qui con la “collaborazione” di Musk, che da sempre aspira al Pianeta Rosso. Il piano prevede missioni con equipaggio a partire dal 2028, sfruttando la nuova generazione di razzi Starship potenziati per i voli interplanetari. L’obiettivo, secondo l’amministrazione, è “fare dell’America il primo e unico Paese a mettere piede su un altro pianeta”. Un’ambizione che Trump ha definito “storica”, ma che numerosi esperti del settore spaziale considerano irrealistica nei tempi indicati. Musk stesso, pur confermando l’impegno di SpaceX, ha parlato di “sfida ai limiti della tecnologia e della logistica” e di “probabilità di successo ancora da perfezionare”. Resta alta l’incognita sui costi: la Casa Bianca ha annunciato nuovi stanziamenti straordinari per la NASA, suscitando già polemiche sull’impatto che queste spese potrebbero avere sul bilancio federale.

Sono passati solo 100 giorni, ne mancano oltre 1000. E forse di piú, se Trump riuscirà a mettere mano alla Costituzione e concedersi, tramite il Congresso a maggioranza repubblicana, la possibilità di correre per un terzo mandato, ipotesi attualmente vietata. Ma tant’è, gli store Maga già pubblicizzano cappellini rossi con la scritta “Trump 2028”. Ma, appunto, mancano 3 anni e mezzo. E di acqua sotto i ponti, probabilmente, ne passerà abbastanza.

Lorenzo Contigliozzi – corrispondente dagli Stati Uniti.

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