Nella normativa in questione si può riscontrare un sistema inedito di responsabilità sanzionatoria
Il principio della responsabilità della persona giuridica conseguente alla commissione di un reato è entrato a far parte dell’ordinamento italiano con il decreto legislativo n. 231 del 2001. La giurisprudenza recente ha specificato che non si tratta di una forma nuova di responsabilità oggettiva, dal momento che nell’ente deve poter essere rintracciato in ogni caso un comportamento colposo che non ha consentito di evitare che l’illecito penale venisse commesso: è la cosiddetta colpa da organizzazione.
Nella normativa in questione si può riscontrare un sistema inedito di responsabilità sanzionatoria in virtù del quale viene ritenuto un fatto imputabile alla società il reato che viene perpetrato da una persona fisica che per conto di quella società opera. Di conseguenza, è proprio la società che è chiamata a rispondere per effetto del rapporto di immedesimazione organica. Il decreto menzionato in precedenza indica i presupposti soggettivi e oggettivi in presenza dei quali la mancata adozione del modello organizzativo basta per rappresentare una forma di rimproverabilità per un reato commesso a vantaggio o nell’interesse della società. Si concretizza, dunque, la fattispecie sanzionatoria che deriva dalla mancata cautela gestionale e organizzativa per la prevenzione di specifiche tipologie criminose.
L’ente ha la possibilità di tutelarsi nei confronti del rischio di reato in maniera preventiva attraverso il modello organizzativo. L’ente stesso non si può considerare responsabile nel caso in cui abbia adottato modelli di organizzazione in grado di evitare reati come quello che è stato riscontrato. Le disposizioni contenute nel Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro fanno riferimento al modello organizzativo e gestionale per la definizione di una politica aziendale orientata alla sicurezza e alla salute.
Uno dei requisiti dell’aggiornamento del modello organizzativo 231 consiste nel rispetto degli obblighi di legge che riguardano gli standard tecnici e strutturali dei luoghi di lavoro, degli impianti e delle attrezzature, ma anche le attività di natura organizzativa come il primo soccorso, la gestione delle emergenze, la consultazione dei rappresentanti dei lavori per la sicurezza e le riunioni periodiche di sicurezza. Inoltre, è richiesto il rispetto delle prescrizioni relative alla valutazione dei rischi, alle attività di predisposizione delle misure di prevenzione e alle attività di sorveglianza sanitaria.
Il modello che si viene a delineare in questo modo rende obbligatoria l’individuazione del rischio, così come la sua gestione, in modo che possan0 essere predisposte misure di protezione e di prevenzione che consentano di ridurre o di eliminare il rischio di infortuni. Al tempo stesso, si impone la necessità di istituire una rete di controllo dell’idoneità del modello e di verifica della sua efficacia. A chiusura, inoltre, è indispensabile predisporre un sistema disciplinare idoneo per effetto del quale possano essere sanzionate le eventuali violazioni delle regole che sono presenti nel modello.
Rispetto al decreto del 2001, quello del 2008 impone la forma scritta per la documentazione degli adempimenti di legge. Una questione da non sottovalutare è quella relativa ai rapporti tra il modello organizzativo e gestionale a cui si fa riferimento nel decreto 81 all’articolo 30 e il modello preventivo che gli articoli 15, 28 e 29 impongono al datore di lavoro. Uno degli orientamenti accettati è quello di una coincidenza sostanziale tra i due modelli, così che l’ente non debba fare i conti con incombenze esagerate. Ciò si spiega anche con il livello di complessità che caratterizza le prescrizioni del decreto 81.