“Siamo tutti interconnessi, da soli non si arriva da nessuna parte”

Nella piazza della Cattedrale di Vilnius Papa Francesco incontra i giovani: “
L’identità del popolo
I cristiani, prosegue il Papa nel suo discorso, più volte interrotto dagli applausi scroscianti dei giovani che nonostante il freddo affollano la piazza antistante la Cattedrale di Vilnius, puntano “sulla santità”.
“Puntate sulla santità a partire dall’incontro e dalla comunione con gli altri, attenti alle loro necessità”. Francesco rilancia poi due concetti già presentati nei due discorsi pronunciati nel corso della giornata: l’accoglienza e il richiamo delle radici.
La nostra vera identità presuppone l’appartenenza a un popolo. Non esistono identità “di laboratorio”, non esistono, né identità “distillate”, identità “purosangue”: queste non esistono. Esiste l’identità del camminare insieme, del lottare insieme, amare insieme. Esiste l’identità appartenere a una famiglia, a un popolo. Esiste l’identità che ti dà l’amore, la tenerezza, preoccuparti per gli altri… Esiste l’identità che ti dà la forza per lottare e nello stesso tempo la tenerezza per accarezzare. Ognuno di noi conosce la bellezza e anche la stanchezza – è bello che i giovani si stanchino, è segno che lavorano – e molte volte il dolore di appartenere a un popolo, voi conoscete questo. Qui è radicata la nostra identità, non siamo persone senza radici. Non siamo persone senza radici!
Papa Bergoglio torna poi a sottolineare l’importanza della preghiera, che non è solo “un’esperienza di ‘combattimento spirituale'”, ma anche il luogo nel quale “impariamo ad ascoltare lo Spirito, a discernere i segni dei tempi e a recuperare le forze per continuare ad annunciare il Vangelo oggi”.
In che altro modo potremmo combattere contro lo scoraggiamento di fronte alle difficoltà proprie e altrui, di fronte agli orrori del mondo? Come faremmo senza la preghiera per non credere che tutto dipende da noi, che siamo soli davanti al corpo a corpo con le avversità? “Gesù ed io, maggioranza assoluta!”. Non dimenticatelo, questo lo diceva un santo, sant’Alberto Hurtado.
“L’incontro con Lui, con la sua Parola, con l’Eucaristia ci ricorda che non importa la forza dell’avversario”, aggiunge il Pontefice. E scherza; “Non importa se è primo il “Žalgiris Kaunas” o il “Vilnius Rytas” (le due squadre di basket della città, ndr.) A proposito, vi domando: qual è il primo?”. La folla applaude tra le risate. “Non importa qual è il primo, non importa il risultato, ma che il Signore sia con noi”.
“Vale la pena seguire Cristo”
Nella vita, prosegue il Papa, è di sostegno “l’esperienza di aiutare gli altri, scoprire che vicino a noi ci sono persone che stanno male, anche molto peggio di noi”, poiché “vedere la fragilità degli altri ci colloca nella realtà, ci impedisce di vivere leccandoci le nostre ferite”.
E’ brutto vivere nelle lamentele. Quanti giovani se ne vanno dal loro Paese per mancanza di opportunità! Quanti sono vittime della depressione, dell’alcol e delle droghe! Voi lo sapete bene. Quante persone anziane sole, senza qualcuno con cui condividere il presente e con la paura che ritorni il passato. Voi, giovani, potete rispondere a queste sfide con la vostra presenza e con l’incontro tra voi e gli altri. Gesù ci invita ad uscire da noi stessi, a rischiare nel “faccia a faccia” con gli altri.
“È vero che credere in Gesù implica molte volte fare un salto di fede nel vuoto, e questo fa paura – fa notare il Pontefice -. Altre volte ci porta a metterci in discussione, a uscire dai nostri schemi, e questo può farci soffrire e tentare dallo scoraggiamento”.
“Però, siate coraggiosi! Seguire Gesù è un’avventura appassionante che riempie la nostra vita di significato, che ci fa sentire parte di una comunità che ci incoraggia, di una comunità che ci accompagna, che ci impegna nel servizio”, spiega.
Ed esorta: “Cari giovani, vale la pena seguire Cristo, vale la pena! Non abbiamo paura di partecipare alla rivoluzione a cui Lui ci invita: la rivoluzione della tenerezza”.
I tempi della vita
“Se la vita fosse un’opera di teatro o un videogioco sarebbe ristretta in un tempo preciso, un inizio e una fine, quando si abbassa il sipario o qualcuno vince la partita”, dice Francesco, avviandosi verso la conclusione del suo intervento.
“Ma la vita – ammonisce – si misura con altri tempi, non con i tempi del teatro o del videogioco; la vita si gioca in tempi rapportati al cuore di Dio; a volte si avanza, altre volte si retrocede, si provano e si tentano strade, si cambiano… L’indecisione sembra nascere dalla paura che cali il sipario, o che il cronometro ci lasci fuori dalla partita, dal salire di un livello nel gioco”.
La vita è in cammino, non è ferma; è sempre un camminare cercando la direzione giusta, senza paura di tornare indietro se ho sbagliato. La cosa più pericolosa è confondere il cammino con un labirinto: quel girare a vuoto attraverso la vita, su sé stessi, senza imboccare la strada che conduce avanti. Per favore, non siate giovani del labirinto, dal quale è difficile uscire, ma giovani in cammino. Niente labirinto: in cammino! Non abbiate paura di decidervi per Gesù, di abbracciare la sua causa, quella del Vangelo, dell’umanità, degli esseri umani. Perché Egli non scenderà mai dalla barca della vostra vita, sarà sempre all’incrocio delle nostre strade, non smetterà mai di ricostruirci, anche se a volte noi ci impegniamo nel demolirci.
E conclude: “Gesù ci regala tempi larghi e generosi, dove c’è spazio per i fallimenti, dove nessuno ha bisogno di emigrare, perché c’è posto per tutti. Molti vorranno occupare i vostri cuori, infestare i campi delle vostre aspirazioni con la zizzania, ma alla fine, se doniamo la vita al Signore, vince sempre il buon grano”.
Infine, ancora un invito a non dimenticare le proprie radici: “Pensate al passato, parlate con i vecchi: non è noioso parlare con gli anziani. Andate a cercare i vecchi e fatevi raccontare le radici del vostro popolo, le gioie, le sofferenze, i valori. Così, attingendo dalle radici, voi porterete avanti il vostro popolo, la storia del vostro popolo per un frutto più grande. Cari giovani, se voi volete un popolo grande, libero, prendete dalle radici la memoria e portatelo avanti”.
Prima della benedizione del Papa, con un canto, sono i giovani di Vilnius a benedire il Pontefice. Tutti stendono le mani in direzione del Pontefice che china il capo. Una scena che richiama alla memoria la sera dell’elezione al Soglio di Pietro proprio di Bergoglio quando, prima di impartire l’Urbi et Orbi, chiese ai romani presenti in piazza San Pietro di pregare per lui e di benedirlo.