Sinodo dei Vescovi 2023, ecco l’“Instrumentum laboris”

20 giugno 2023 | 15:16
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Sinodo dei Vescovi 2023, ecco l’“Instrumentum laboris”

Ecco il documento su quale poggerà la discussione del Sinodo dei Vescovi che si celebrerà a ottobre in Vaticano

Città del Vaticano – Di seguito riportiamo l’Instrumentum laboris, ovvero il documento di base su cui si poggerà la discussione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si celebrerà in Vaticano a ottobre 2023

XVI ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI
PER UNA CHIESA SINODALE:
COMUNIONE, PARTECIPAZIONE, MISSIONE

INSTRUMENTUM LABORIS
per la Prima Sessione
(ottobre 2023)

Premessa

«E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo» (Rm 15,5-6).

Il percorso compiuto finora

1. Il Popolo di Dio si è messo in cammino da quando, il 10 ottobre 2021, Papa Francesco ha convocato la Chiesa intera in Sinodo. A partire dai contesti e ambiti vitali, le Chiese locali di tutto il mondo hanno avviato la consultazione del Popolo di Dio, sulla base dell’interrogativo di fondo formulato al n. 2 del DP: «come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale), quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?». I frutti della consultazione sono stati raccolti a livello diocesano e poi sintetizzati e inviati ai Sinodi delle Chiese Orientali Cattoliche e alle Conferenze Episcopali. A loro volta, questi hanno redatto una sintesi che è stata trasmessa alla Segreteria Generale del Sinodo.

2. A partire dalla lettura e dall’analisi dei documenti così raccolti, è stato redatto il DTC, a servizio di una tappa che rappresenta una novità del processo sinodale in corso. Il DTC è stato restituito alle Chiese locali di tutto il mondo, invitandole a confrontarsi con esso per poi incontrarsi e dialogare in occasione delle sette Assemblee continentali, mentre proseguiva anche l’attività del Sinodo digitale. L’obiettivo era mettere a fuoco le intuizioni e le tensioni che risuonano con maggiore intensità con l’esperienza di Chiesa di ciascun continente, ed enucleare quelle che nella prospettiva di ciascun continente rappresentano le priorità da affrontare nella prima sessione dell’Assemblea sinodale (ottobre 2023).

3. Sulla base di tutto il materiale raccolto durante la fase dell’ascolto, e in particolare dei Documenti finali delle Assemblee continentali, è stato redatto il presente IL. Con la sua pubblicazione si chiude la prima fase del Sinodo «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione», e si apre la seconda, articolata nelle due sessioni[1] in cui si svolgerà la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2023 e ottobre 2024). Il suo obiettivo sarà di rilanciare il processo e di incarnarlo nella vita ordinaria della Chiesa, identificando su quali linee lo Spirito ci invita a camminare con maggiore decisione come Popolo di Dio. Camminare insieme come Popolo di Dio, nella fedeltà alla missione che il Signore ha affidato alla Chiesa, è il dono e il frutto che chiediamo per la prossima Assemblea. Infatti, lo scopo del processo sinodale «non è produrre documenti, ma aprire orizzonti di speranza per il compimento della missione della Chiesa» (DTC 6).

4. Il percorso compiuto finora, e in particolare la tappa continentale, ha permesso di identificare e condividere anche le peculiarità delle situazioni che la Chiesa vive nelle diverse regioni del mondo: dalle troppe guerre che insanguinano il nostro pianeta e richiedono di rinnovare l’impegno per la costruzione di una pace giusta, alla minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici con la conseguente priorità della cura per la casa comune; da un sistema economico che produce sfruttamento, disuguaglianza e “scarto” alla pressione omologante del colonialismo culturale che schiaccia le minoranze; dall’esperienza di subire la persecuzione sino al martirio a un’emigrazione che svuota progressivamente le comunità minacciandone la stessa sopravvivenza; dal crescente pluralismo culturale che marca ormai l’intero pianeta all’esperienza delle comunità cristiane che rappresentano minoranze sparute all’interno del Paese in cui vivono, fino a quella di fare i conti con una secolarizzazione sempre più spinta, e talora aggressiva, che sembra ritenere irrilevante l’esperienza religiosa, ma non per questo smette di avere sete della Buona Notizia del Vangelo. In molte regioni le Chiese sono profondamente colpite dalla crisi degli abusi: sessuali, di potere e di coscienza, economici e istituzionali. Si tratta di ferite aperte, le cui conseguenze non sono ancora state affrontate fino in fondo. Alla richiesta di perdono rivolta alle vittime delle sofferenze che ha causato, la Chiesa deve unire il crescente impegno di conversione e di riforma per evitare che situazioni analoghe possano ripetersi in futuro.

5. È in questo contesto, variegato ma con tratti comuni a livello globale, che si è svolto l’intero percorso sinodale. Anche all’Assemblea sinodale sarà chiesto di mettersi in un ascolto profondo delle situazioni in cui la Chiesa vive e porta avanti la propria missione: solo quando risuona in un contesto specifico, l’interrogativo di fondo sopra ricordato acquista concretezza e ne risalta l’urgenza missionaria. Sono in gioco la capacità di annunciare il Vangelo camminando insieme agli uomini e alle donne del nostro tempo, là dove si trovano, e la pratica della cattolicità vissuta camminando insieme alle Chiese che vivono in condizioni di particolare sofferenza (cfr. LG 23).

6. All’Assemblea sinodale arriviamo carichi dei frutti raccolti durante la fase dell’ascolto. Innanzi tutto abbiamo fatto esperienza che l’incontro sincero e cordiale tra fratelli e sorelle nella fede è fonte di gioia: incontrarci tra di noi è incontrare il Signore che è in mezzo a noi! Poi abbiamo potuto toccare con mano la cattolicità della Chiesa, che, nelle differenze di età, sesso e condizione sociale, manifesta una straordinaria ricchezza di carismi e vocazioni ecclesiali e custodisce un tesoro di varietà di lingue, culture, espressioni liturgiche e tradizioni teologiche. Esse rappresentano il dono che ciascuna Chiesa locale offre a tutte le altre (cfr. LG 13), e il dinamismo sinodale è un modo per metterle in relazione e valorizzarle senza schiacciarle nell’uniformità. Ugualmente abbiamo scoperto che, pur nella varietà dei modi in cui la sinodalità è sperimentata e compresa nelle diverse parti del mondo sulla base della comune eredità della Tradizione apostolica, ci sono interrogativi condivisi: fa parte della sfida discernere a quale livello è più opportuno affrontare ciascuno di essi. Altrettanto condivise sono alcune tensioni. Non dobbiamo esserne spaventati, né cercare di risolverle a tutti i costi, ma impegnarci in un costante discernimento sinodale: solo in questo modo le tensioni possono diventare fonti di energia e non scadere in polarizzazioni distruttive.

7. La prima fase ha rinnovato la nostra consapevolezza che diventare una Chiesa sempre più sinodale manifesta la nostra identità e la nostra vocazione: camminare insieme, cioè fare sinodo, è il modo per diventare davvero discepoli e amici di quel Maestro e Signore che di sé ha detto «Io sono la via» (Gv 14,6). Oggi ciò costituisce anche un profondo desiderio: avendolo sperimentato come dono, vogliamo continuare a farlo, consapevoli che questo cammino si compirà nell’ultimo giorno, quando, per grazia di Dio, entreremo a far parte di quella schiera che così descrive l’Apocalisse: «ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: “La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello”» (Ap 7,9-10). Questo testo ci consegna l’immagine di una Chiesa in cui regna perfetta comunione tra tutte le differenze che la compongono, che vengono mantenute e si uniscono nell’unica missione che rimarrà da compiere: partecipare alla liturgia di lode che da tutte le creature, attraverso Cristo, sale al Padre nell’unità dello Spirito Santo.

8. All’intercessione di queste sorelle e questi fratelli, che già vivono la piena comunione dei santi (cfr. LG 50), e soprattutto a quella di Colei che della loro schiera è la primizia (cfr. LG 63), Maria Madre della Chiesa, affidiamo i lavori dell’Assemblea e la prosecuzione del nostro impegno per una Chiesa sinodale. Chiediamo che l’Assemblea sia un momento di effusione dello Spirito, ma ancora di più che la grazia ci accompagni quando verrà il momento di metterne in atto i frutti nella vita quotidiana delle comunità cristiane del mondo intero.

Uno strumento di lavoro per la seconda fase del percorso sinodale

9. Le novità che segnano il Sinodo 2021-2024 non possono non riflettersi anche sulla valenza e sulla dinamica dell’Assemblea sinodale e quindi sulla struttura dell’IL che è a servizio del suo svolgimento. In particolare, la lunga e articolata fase dell’ascolto ha già condotto alla predisposizione di una molteplicità di documenti, che hanno istituito una circolazione comunicativa tra le Chiese locali e tra queste e la Segreteria Generale del Sinodo: DP, sintesi delle Chiese locali, DTC e Documenti finali delle Assemblee continentali. Il presente IL non annulla né assorbe tutta questa ricchezza, ma si radica in essa e continuamente vi rimanda: anche nella preparazione all’Assemblea, i Membri del Sinodo sono invitati a tenere presenti i documenti precedenti, in particolare il DTC e i Documenti finali delle Assemblee continentali, oltre a quello del Sinodo digitale, come strumenti per il loro discernimento. In particolare, i Documenti finali delle Assemblee continentali sono preziosi per non smarrire la concretezza dei differenti contesti e le sfide che ciascuno di essi pone: il lavoro comune dell’Assemblea sinodale non può prescinderne. Potranno inoltre essere di aiuto le molte risorse raccolte nell’apposita sezione del sito del Sinodo 2021-2024, <www.synod.va>, in particolare la Cost. Ap. Episcopalis communio e i due documenti della Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa (2018) e Il sensus fidei nella vita della Chiesa (2014).

10. Vista l’abbondanza di materiali già disponibili, l’IL è pensato come sussidio pratico a servizio dello svolgimento dell’Assemblea sinodale di ottobre 2023 e quindi per la sua preparazione. A maggior ragione vale per l’IL quello che già descriveva la natura del DTC: «non è un documento del Magistero della Chiesa, né il report di una indagine sociologica; non offre la formulazione di indicazioni operative, di traguardi e obiettivi, né la compiuta elaborazione di una visione teologica» (n. 8). Non potrebbe essere altrimenti, giacché l’IL si inscrive in un processo che non è ancora terminato. Rispetto al DTC compie un ulteriore passo: a partire dalle intuizioni raccolte lungo la prima fase e soprattutto dal lavoro delle Assemblee continentali, articola alcune delle priorità emerse dall’ascolto del Popolo di Dio, ma non in forma di asserzioni o prese di posizione. Le esprime invece come domande rivolte all’Assemblea sinodale, che avrà il compito di operare un discernimento per identificare alcuni passi concreti per continuare a crescere come Chiesa sinodale, passi che sottoporrà poi al Santo Padre. Solo a quel punto si completerà quella particolare dinamica di ascolto in cui «ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo “Spirito della verità” (Gv 14,17), per conoscere ciò che Egli “dice alle Chiese” (Ap 2,7)» [2]. In questa luce risulta chiaro perché l’IL non possa essere inteso come una prima bozza del Documento Finale dell’Assemblea sinodale, da correggere o emendare, pur delineando una prima comprensione della dimensione sinodale della Chiesa a partire dalla quale operare un ulteriore discernimento. Ugualmente risulta chiaro come i Membri dell’Assemblea sinodale rappresentino i destinatari principali dell’IL, che viene reso pubblico non solo per ragioni di trasparenza, ma anche come sussidio per la realizzazione di iniziative ecclesiali. In particolare può favorire la partecipazione alla dinamica sinodale a livello locale e regionale, in attesa che i risultati dell’Assemblea forniscano ulteriori e autorevoli elementi su cui le Chiese locali saranno chiamate a pregare, riflettere, agire e dare il proprio contributo.

11. Le domande che l’IL pone sono espressione della ricchezza del processo a partire dal quale sono state elaborate: sono cariche dei nomi e dei volti di coloro che vi hanno preso parte, testimoniano l’esperienza di fede del Popolo di Dio e recano perciò l’impronta di un significato trascendente. Da questo punto di vista, indicano un orizzonte e invitano a compiere con fiducia ulteriori passi per approfondire la pratica della dimensione sinodale della Chiesa. Dalla prima fase emerge la consapevolezza della necessità di assumere come punto di riferimento privilegiato la Chiesa locale[3], in quanto luogo teologico in cui in concreto i Battezzati fanno esperienza di camminare insieme. Questo non conduce però a un ripiegamento: nessuna Chiesa locale, infatti, può vivere al di fuori delle relazioni che la uniscono a tutte le altre, incluse quelle, del tutto speciali, con la Chiesa di Roma, a cui è affidato il servizio dell’unità attraverso il ministero del suo Pastore, che ha convocato la Chiesa intera in Sinodo.

12. Questa focalizzazione sulle Chiese locali richiede di tenere conto della loro varietà e diversità di culture, di lingue e di modalità espressive. In particolare, le medesime parole – pensiamo ad esempio ad autorità o leadership – possono avere risonanze e connotazioni molto differenti nelle diverse aree linguistiche e culturali, in particolare quando in alcuni luoghi un termine viene associato a precise impostazioni teoriche o ideologiche. L’IL si sforza di evitare un linguaggio divisivo, nella speranza di aiutare una migliore comprensione tra i membri dell’Assemblea sinodale che provengono da regioni o tradizioni diverse. Il riferimento condiviso non può che essere la visione del Vaticano II, a partire dalla cattolicità del Popolo di Dio, in virtù della quale «le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, in modo che il tutto e le singole parti si accrescono per uno scambio mutuo universale e per uno sforzo comune verso la pienezza nell’unità, […] rimanendo però integro il primato della cattedra di Pietro, la quale presiede alla comunione universale di carità, tutela le varietà legittime e insieme veglia affinché ciò che è particolare non solo non pregiudichi l’unità, ma piuttosto la serva» (LG 13). Questa cattolicità si realizza nel rapporto di mutua interiorità tra Chiesa universale e Chiese locali, in cui e a partire da cui «esiste la Chiesa Cattolica una e unica» (LG 23). Il processo sinodale, che nella prima fase si è svolto nelle Chiese locali, giunge ora alla seconda fase, con lo svolgimento delle due sessioni della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

La struttura del testo

13. Il presente IL è suddiviso in due sezioni, che corrispondono all’articolazione dei compiti delle Assemblee continentali (e quindi ai contenuti dei relativi Documenti finali): innanzi tutto procedere a una rilettura del cammino percorso durante la prima fase, in modo da enucleare che cosa la Chiesa di ciascun continente avesse appreso dall’esperienza fatta in merito al modo di vivere la dimensione sinodale a servizio della missione; quindi operare un discernimento delle risonanze prodotte nelle Chiese locali del continente dal confronto con il DTC, allo scopo di individuare le priorità su cui proseguire il discernimento durante l’Assemblea sinodale.

14. La sezione A dell’IL, intitolata «Per una Chiesa sinodale», prova a raccogliere i frutti della rilettura del cammino percorso. Innanzi tutto enuclea una serie di caratteristiche fondamentali o segni distintivi di una Chiesa sinodale. Dà quindi voce alla consapevolezza che una Chiesa sinodale è contraddistinta anche da un modo di procedere, che l’esperienza della prima fase conduce a identificare nella conversazione nello Spirito. Sui frutti di questa rilettura l’Assemblea sarà invitata a reagire con lo scopo di precisarli e affinarli. La sezione B, intitolata «Comunione, missione, partecipazione»[4], esprime in forma di interrogativo le tre priorità che con maggiore forza emergono dal lavoro di tutti i continenti, sottoponendole al discernimento dell’Assemblea. A servizio della dinamica dell’Assemblea, in particolare dei lavori di gruppo (Circuli Minores), per ciascuna di queste tre priorità sono proposte cinque Schede di lavoro che consentono di affrontarle a partire da prospettive diverse.

15. Le tre priorità della sezione B, sviluppate attraverso le rispettive Schede di lavoro, riguardano tematiche ampie e di grande rilevanza: molte potrebbero essere oggetto di un Sinodo, o lo sono già state. Su varie sono numerosi e incisivi anche gli interventi del Magistero. Durante i lavori dell’Assemblea non potranno essere trattate diffusamente, e soprattutto indipendentemente le une dalle altre. Andranno invece affrontate a partire dalla loro relazione con il vero tema dei lavori, ossia la Chiesa sinodale. Ad esempio, i riferimenti all’urgenza di dedicare adeguata attenzione alle famiglie e ai giovani non puntano a stimolare una nuova trattazione della pastorale familiare o giovanile. Il loro scopo è aiutare a mettere a fuoco come l’attuazione delle conclusioni delle Assemblee sinodali del 2015 e del 2018 e delle indicazioni delle successive Esortazioni Apostoliche Post-Sinodali, Amoris laetitia e Christus vivit, rappresenti una opportunità di camminare insieme come Chiesa capace di accogliere e accompagnare, accettando i necessari cambiamenti di regole, strutture e procedure. Lo stesso vale per molte altre tematiche che emergono nelle tracce.

16. L’impegno chiesto all’Assemblea e ai suoi Membri sarà quello di mantenere la tensione tra lo sguardo di insieme, che caratterizza il lavoro a partire dalla sezione A, e l’identificazione dei passi da compiere, necessariamente concreti, a cui punta invece il lavoro a partire dalla sezione B. Su questo si giocherà la fecondità del discernimento dell’Assemblea sinodale, il cui compito sarà aprire la Chiesa tutta all’accoglienza della voce dello Spirito Santo. L’articolazione della Costituzione Pastorale Gaudium et spes, che «consta di due parti», diverse per indole e focalizzazione, «ma è un tutto unitario» (GS, nota 1), potrà da questo punto di vista essere di ispirazione per i lavori dell’Assemblea.

A. Per una Chiesa sinodale
Un’esperienza integrale

«Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune» (1Cor 12,4-7).

17. Un tratto accomuna le narrazioni delle tappe della prima fase: è la sorpresa espressa dai partecipanti, che si sono trovati di fronte a qualcosa di inaspettato, di più grande del previsto. Per chi vi prende parte, il processo sinodale offre una opportunità di incontro nella fede che fa crescere il legame con il Signore, la fraternità tra le persone e l’amore per la Chiesa, non solo a livello individuale, ma coinvolgendo e dinamizzando l’intera comunità. L’esperienza è quella di ricevere un orizzonte di speranza che si apre per la Chiesa, un segno chiaro della presenza e dell’azione dello Spirito che la guida nella storia nel suo cammino verso il Regno (cfr. LG 5): «il protagonista del Sinodo è lo Spirito Santo»[5]. In questo modo, quanto più intensamente è stato accolto l’invito a camminare insieme, tanto più il Sinodo è diventato la via su cui il Popolo di Dio procede con entusiasmo, ma senza ingenuità. Infatti problemi, resistenze, difficoltà e tensioni non vengono celati o dissimulati, ma individuati e nominati grazie a un contesto di dialogo autentico che rende possibile parlare e ascoltare con libertà e sincerità. Il processo sinodale costituisce lo spazio entro il quale diventa praticabile il modo evangelico di affrontare questioni che spesso vengono poste in chiave rivendicativa o per le quali nella vita della Chiesa di oggi manca un luogo di accoglienza e discernimento.

18. Un termine per sé astratto o teorico come sinodalità ha cominciato così a incarnarsi in un’esperienza concreta. Dall’ascolto del Popolo di Dio emergono una progressiva appropriazione e una comprensione della sinodalità “dall’interno”, che non deriva dall’enunciazione di un principio, di una teoria o di una formula, ma muove dalla disponibilità a entrare in un processo dinamico di parola costruttiva, rispettosa e orante, di ascolto e di dialogo. Alla radice di questo processo c’è l’accoglienza, personale e comunitaria, di qualcosa che è al tempo stesso un dono e una sfida: essere una Chiesa di sorelle e fratelli in Cristo che si ascoltano a vicenda e che, così facendo, vengono gradualmente trasformati dallo Spirito.

A 1. I segni caratteristici di una Chiesa sinodale

19. All’interno di questa comprensione integrale, emerge la consapevolezza di alcune caratteristiche o segni distintivi di una Chiesa sinodale. Si tratta di convinzioni condivise su cui soffermarsi e riflettere insieme in vista del proseguimento di un cammino che le affinerà e chiarirà ulteriormente, a partire dal lavoro che l’Assemblea sinodale intraprenderà.

20. Con grande forza da tutti i continenti emerge la consapevolezza che una Chiesa sinodale si fonda sul riconoscimento della dignità comune derivante dal Battesimo, che rende coloro che lo ricevono figli e figlie di Dio, membri della sua famiglia, e quindi fratelli e sorelle in Cristo, abitati dall’unico Spirito e inviati a compiere una comune missione. Nel linguaggio di Paolo, «noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito» (1Cor 12,13). Il Battesimo crea così una vera corresponsabilità tra i membri della Chiesa, che si manifesta nella partecipazione di tutti, con i carismi di ciascuno, alla missione e all’edificazione della comunità ecclesiale. Non si può comprendere una Chiesa sinodale se non nell’orizzonte della comunione che è sempre anche missione di annunciare e incarnare il Vangelo in ogni dimensione dell’esistenza umana. Comunione e missione si alimentano nella comune partecipazione all’Eucarestia che fa della Chiesa un corpo «ben compaginato e connesso» (Ef 4,16) in Cristo, in grado di camminare insieme verso il Regno.

21. Radicato in questa consapevolezza è il desiderio di una Chiesa sempre più sinodale anche nelle sue istituzioni, strutture e procedure, in modo da costituire uno spazio in cui la comune dignità battesimale e la corresponsabilità nella missione siano non solo affermate, ma esercitate e praticate. In questo spazio, l’esercizio dell’autorità nella Chiesa è apprezzato come un dono e lo si vuole sempre più configurato come «un vero servizio, che le Sacre Scritture chiamano significativamente “diaconia” o ministero» (LG 24), sul modello di Gesù, che si è chinato a lavare i piedi ai suoi discepoli (cfr. Gv 13,1-11).

22. «Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto»[6]: questa consapevolezza è frutto dell’esperienza del cammino sinodale, che è un ascolto dello Spirito attraverso l’ascolto della Parola, l’ascolto degli eventi della storia e l’ascolto reciproco tra le persone e tra le comunità ecclesiali, dal livello locale a quello continentale e universale. Per molti, la grande sorpresa è stata proprio l’esperienza di essere ascoltati dalla comunità, in alcuni casi per la prima volta, ricevendo così un riconoscimento del proprio valore che testimonia l’amore del Padre per ciascuno dei suoi figli e delle sue figlie. L’ascolto dato e ricevuto ha uno spessore teologale ed ecclesiale, e non solo funzionale, sull’esempio di come Gesù ascoltava le persone che incontrava. Questo stile di ascolto è chiamato a segnare e trasformare tutte le relazioni che la comunità cristiana instaura tra i suoi membri, con le altre comunità di fede e con la società nel suo complesso, in particolare nei confronti di coloro la cui voce è più frequentemente ignorata.

23. Come Chiesa dell’ascolto, una Chiesa sinodale desidera essere umile, e sa di dover chiedere perdono e di avere molto da imparare. Alcuni documenti raccolti lungo la prima fase hanno rilevato che il cammino sinodale è necessariamente penitenziale, riconoscendo che non sempre abbiamo vissuto la dimensione sinodale costitutiva della comunità ecclesiale. Il volto della Chiesa oggi porta i segni di gravi crisi di fiducia e di credibilità. In molti contesti, le crisi legate agli abusi sessuali, economici, di potere e di coscienza hanno spinto la Chiesa a un esigente esame di coscienza «perché, sotto l’azione dello Spirito Santo, non cessi di rinnovare se stessa» (LG 9), in un cammino di pentimento e di conversione che apre percorsi di riconciliazione, guarigione e giustizia.

24. Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’incontro e del dialogo. Nel cammino che abbiamo percorso, questo riguarda con particolare forza le relazioni con le altre Chiese e Comunità ecclesiali, alle quali siamo uniti dal vincolo dell’unico Battesimo. Lo Spirito, che è «principio di unità della Chiesa» (UR 2), è all’opera in queste Chiese e Comunità ecclesiali e ci invita a intraprendere percorsi di conoscenza reciproca, di condivisione e di costruzione di una vita comune. A livello locale, emerge con forza l’importanza di quanto già si sta facendo insieme a membri di altre Chiese e Comunità ecclesiali, soprattutto come testimonianza comune in contesti socioculturali ostili fino alla persecuzione – è l’ecumenismo del martirio – e di fronte all’emergenza ecologica. Ovunque, in sintonia con il Magistero del Concilio Vaticano II, emerge il desiderio di approfondire il cammino ecumenico: una Chiesa autenticamente sinodale non può non coinvolgere tutti coloro che condividono l’unico Battesimo.

25. Una Chiesa sinodale è chiamata a praticare la cultura dell’incontro e del dialogo con i credenti di altre religioni e con le culture e le società in cui è inserita, ma soprattutto tra le tante differenze che attraversano la Chiesa stessa. Questa Chiesa non ha paura della varietà di cui è portatrice, ma la valorizza senza costringerla all’uniformità. Il processo sinodale è stato un’occasione per iniziare a imparare che cosa significa vivere l’unità nella diversità, una realtà da continuare a esplorare, confidando che il cammino diventi più chiaro man mano che si procede. Pertanto, una Chiesa sinodale promuove il passaggio dall’“io” al “noi”, perché costituisce uno spazio all’interno del quale risuona la chiamata a essere membri di un corpo che valorizza le diversità, ma è reso uno dall’unico Spirito. È lo Spirito che spinge ad ascoltare il Signore e rispondergli come popolo al servizio dell’unica missione di annunciare a tutte le genti la salvezza offerta da Dio in Cristo Gesù. Questo avviene in una grande diversità di contesti: a nessuno è chiesto di lasciare il proprio, ma piuttosto di comprenderlo e incarnarvisi con maggiore profondità. Tornando a questa visione dopo l’esperienza della prima fase, la sinodalità appare innanzi tutto come un dinamismo che anima le comunità locali concrete. Passando al livello più universale, questo slancio abbraccia tutte le dimensioni e le realtà della Chiesa, in un movimento di autentica cattolicità.

26. Vissuta in una diversità di contesti e culture, la sinodalità si rivela una dimensione costitutiva della Chiesa fin dalle sue origini, anche se ancora in via di compimento. Anzi, essa preme per essere attuata sempre più pienamente, esprimendo una chiamata radicale alla conversione, al cambiamento, alla preghiera e all’azione che è rivolta a tutti. In questo senso, una Chiesa sinodale è aperta, accogliente e abbraccia tutti. Non c’è confine che questo movimento dello Spirito non senta di dover oltrepassare, per attirare tutti nel suo dinamismo. La radicalità del Cristianesimo non è appannaggio di alcune vocazioni specifiche, ma è la chiamata a costruire una comunità che vive e testimonia un modo diverso di intendere la relazione tra le figlie e i figli di Dio, che incarna la verità dell’amore, che si fonda sul dono e sulla gratuità. La chiamata radicale è quindi quella di costruire insieme, sinodalmente, una Chiesa attraente e concreta: una Chiesa in uscita, in cui tutti si sentano accolti.

27. Allo stesso tempo, una Chiesa sinodale affronta onestamente e senza paura la chiamata a una comprensione più profonda del rapporto tra amore e verità, secondo l’invito di San Paolo: «agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità» (Ef 4,15-16). Per includere autenticamente tutti, quindi, è necessario entrare nel mistero di Cristo, lasciarsi formare e trasformare dal modo in cui egli ha vissuto il rapporto tra amore e verità.

28. Caratteristica di una Chiesa sinodale è la capacità di gestire le tensioni senza esserne schiacciata, vivendole come spinta ad approfondire il modo di comprendere e vivere comunione, missione e partecipazione. La sinodalità è una via privilegiata di conversione, perché ricostituisce la Chiesa nell’unità: cura le sue ferite e riconcilia la sua memoria, accoglie le differenze di cui è portatrice e la riscatta da divisioni infeconde, permettendole così di incarnare più pienamente la sua vocazione a essere «in Cristo, come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (LG 1). L’ascolto autentico e la capacità di trovare modi per continuare a camminare insieme al di là della frammentazione e della polarizzazione sono indispensabili perché la Chiesa rimanga viva e vitale e possa essere un segno potente per le culture del nostro tempo.

29. Cercare di camminare insieme ci mette anche in contatto con la sana inquietudine dell’incompletezza, con la consapevolezza che ci sono ancora molte cose di cui non siamo in grado di portare il peso (cfr. Gv 16,12). Non si tratta di un problema da risolvere, ma di un dono da coltivare: ci troviamo di fronte al mistero inesauribile e santo di Dio e dobbiamo rimanere aperti alle sue sorprese mentre avanziamo nel nostro pellegrinaggio verso il Regno (cfr. LG 8). Questo vale anche per le domande che il processo sinodale ha fatto emergere: come primo passo richiedono ascolto e attenzione, senza precipitarsi a offrire soluzioni immediate.

30. Portare il peso di queste domande non è un fardello personale di chi occupa determinati ruoli, con il rischio di esserne schiacciato, ma un compito dell’intera comunità, la cui vita relazionale e sacramentale è spesso la risposta immediata più efficace. Per questo una Chiesa sinodale si nutre incessantemente del mistero che celebra nella liturgia, «culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e […] fonte da cui promana tutta la sua energia» (SC 10), e in particolare nell’Eucarestia.

31. Una volta superata l’ansia del limite, l’inevitabile incompiutezza di una Chiesa sinodale e la disponibilità dei suoi membri ad accogliere le proprie vulnerabilità diventano lo spazio per l’azione dello Spirito, che ci invita a riconoscere i segni della sua presenza. Per questo una Chiesa sinodale è anche una Chiesa del discernimento, nella ricchezza di significati che questo termine assume e a cui le diverse tradizioni spirituali danno rilievo. La prima fase ha permesso al Popolo di Dio di iniziare a sperimentare il gusto del discernimento attraverso la pratica della conversazione nello Spirito. Ascoltando con attenzione l’esperienza vissuta di ciascuno, cresciamo nel rispetto reciproco e cominciamo a discernere i movimenti dello Spirito di Dio nella vita degli altri e nella nostra. In questo modo iniziamo a prestare maggiore attenzione a «ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (Ap 2,7), nell’impegno e nella speranza di diventare una Chiesa sempre più capace di prendere decisioni profetiche che siano frutto della guida dello Spirito.

A 2. Un modo di procedere per la Chiesa sinodale: la conversazione nello Spirito

32. Attraversa tutti i continenti il riconoscimento di quanto sia stato fecondo il metodo qui chiamato “conversazione nello Spirito”, adottato durante la prima fase e indicato in alcuni documenti come “conversazione spirituale” o “metodo sinodale” (cfr. figura a p. 16).

33. Nel suo senso etimologico, il termine “conversazione” non indica un generico scambio di idee, ma quella dinamica in cui la parola pronunciata e ascoltata genera familiarità, consentendo ai partecipanti di diventare intimi gli uni degli altri. La precisazione “nello Spirito” ne individua l’autentico protagonista: all’ascolto della sua voce tende il desiderio di coloro che conversano, che nella preghiera si aprono all’azione libera di Colui che come il vento soffia dove vuole (cfr. Gv 3,8). Pian piano il conversare tra fratelli e sorelle nella fede apre lo spazio per un con-sentire, cioè assentire insieme alla voce dello Spirito. Non è conversazione nello Spirito se non c’è un passo in avanti in una direzione precisa, spesso inaspettata, che punta a un’azione concreta.

34. Nelle Chiese locali che durante la prima fase l’hanno praticata, la conversazione nello Spirito è stata “scoperta” come l’atmosfera che rende possibile la condivisione delle esperienze di vita e come lo spazio del discernimento in una Chiesa sinodale. Nei Documenti finali delle Assemblee continentali, viene descritta come un momento pentecostale, come l’occasione per sperimentare di essere Chiesa e passare dall’ascolto dei fratelli e sorelle in Cristo all’ascolto dello Spirito, che è l’autentico protagonista, e di ricevere da Lui una missione. Allo stesso tempo, attraverso questo metodo, la grazia della Parola e dei Sacramenti diventa una realtà sentita e trasformante, attualizzata, che attesta e realizza l’iniziativa con cui il Signore Gesù si rende presente e attivo nella Chiesa: Cristo ci invia in missione e ci riunisce attorno a sé per rendere grazie e gloria al Padre nello Spirito Santo. Per questo da tutti i continenti giunge la richiesta che questo metodo possa sempre più animare e informare la vita quotidiana delle Chiese.

35. La conversazione nello Spirito si inserisce nella lunga tradizione del discernimento ecclesiale, che ha espresso una pluralità di metodi e approcci. Va sottolineato il suo valore squisitamente missionario. Questa pratica spirituale ci permette di passare dall’“io” al “noi”: non perde di vista o cancella la dimensione personale dell’“io”, ma la riconosce e la inserisce in quella comunitaria. In questo modo la presa di parola e l’ascolto dei partecipanti diventano liturgia e preghiera, al cui interno il Signore si rende presente e attira verso forme sempre più autentiche di comunione e discernimento.

36. Nel Nuovo Testamento, numerosi sono gli esempi di questo modo di conversare. Paradigmatico è il racconto dell’incontro del Signore risorto con i due discepoli in cammino verso Emmaus (cfr. Lc 24,13-35, e la spiegazione che ne dà CV 237). Come mostra bene la loro esperienza, la conversazione nello Spirito costruisce comunione e reca un dinamismo missionario: i due, infatti, fanno ritorno alla comunità che avevano abbandonato per condividere l’annuncio pasquale che il Signore è risorto.

37. Nella sua concretezza, la conversazione nello Spirito può essere descritta come una preghiera condivisa in vista di un discernimento in comune, a cui i partecipanti si preparano con la riflessione e la meditazione personale. Si faranno reciprocamente dono di una parola meditata e nutrita dalla preghiera, non di una opinione improvvisata sul momento. La dinamica tra i partecipanti articola tre passaggi fondamentali. Il primo è dedicato alla presa di parola da parte di ciascuno, a partire dalla propria esperienza riletta nella preghiera durante il tempo della preparazione. Gli altri ascoltano con la consapevolezza che ciascuno ha un contributo prezioso da offrire, senza entrare in dibattiti o discussioni.

38. Silenzio e preghiera aiutano a preparare il passaggio successivo, in cui ciascuno è invitato ad aprire dentro di sé uno spazio per gli altri e per l’Altro. Nuovamente ciascuno prende la parola: non per reagire e controbattere a quanto ascoltato, riaffermando la propria posizione, ma per esprimere che cosa durante l’ascolto lo ha toccato più profondamente e da che cosa si sente interpellato con più forza. Le tracce che l’ascolto delle sorelle e dei fratelli produce nell’interiorità di ciascuno sono il linguaggio con cui lo Spirito Santo fa risuonare la propria voce: quanto più ciascuno si sarà nutrito della meditazione della Parola e dei Sacramenti, crescendo nella familiarità con il Signore, tanto più sarà capace di riconoscere il suono della Sua voce (cfr. Gv 10,14.27), anche grazie all’accompagnamento da parte del Magistero e della teologia. Ugualmente, quanto più i partecipanti sapranno fare attenzione a ciò che dice lo Spirito, tanto più cresceranno in un sentire condiviso e aperto alla missione.

39. Il terzo passaggio, sempre in clima di preghiera e sotto la guida dello Spirito Santo, è quello della identificazione dei punti chiave emersi e della costruzione di un consenso sui frutti del lavoro comune, che ciascuno ritenga fedele allo svolgimento del processo e in cui possa quindi sentirsi rappresentato. Non basta stendere un verbale che elenchi i punti più spesso menzionati, ma occorre un discernimento, che presti attenzione anche alle voci marginali e profetiche e non trascuri il significato dei punti rispetto ai quali emergono dissensi. Il Signore è la testata d’angolo che permetterà alla “costruzione” di reggersi e lo Spirito, maestro di armonia, aiuterà a passare dalla confusione alla sinfonia.

40. Il percorso sfocia in una preghiera di lode a Dio e di gratitudine per l’esperienza compiuta. «Quando viviamo la mistica di avvicinarci agli altri con l’intento di cercare il loro bene, allarghiamo la nostra interiorità per ricevere i più bei regali del Signore. Ogni volta che ci incontriamo con un essere umano nell’amore, ci mettiamo nella condizione di scoprire qualcosa di nuovo riguardo a Dio. Ogni volta che apriamo gli occhi per riconoscere l’altro, viene maggiormente illuminata la fede per riconoscere Dio» (EG 272). È questo in sintesi il dono che riceve chi si lascia coinvolgere in una conversazione nello Spirito.

41. Nella concretezza delle situazioni non è mai possibile seguire questo schema pedissequamente, ma bisogna sempre adattarlo. Talvolta occorre dare priorità alla presa di parola da parte di ciascuno e all’ascolto degli altri; in altre circostanze al far emergere i legami tra le diverse prospettive, alla ricerca di quello che “fa ardere il cuore nel petto” (cfr. Lc 24,32); in altre ancora all’esplicitazione di un consenso e al lavoro comune per identificare la direzione in cui ci si sente chiamati dallo Spirito a mettersi in movimento. Ma, al di là degli opportuni adattamenti concreti, l’intenzione e il dinamismo che uniscono i tre passaggi sono e restano caratteristici del modo di procedere di una Chiesa sinodale.

42. Tenendo presente il significato della conversazione nello Spirito nell’animare l’esperienza vissuta della Chiesa sinodale, la formazione a questo metodo, in particolare di facilitatori capaci di accompagnare le comunità a praticarlo, è percepita come una priorità a tutti i livelli della vita ecclesiale e per tutti i Battezzati, a partire dai Ministri ordinati, e in uno spirito di corresponsabilità e apertura a diverse vocazioni ecclesiali. La formazione alla conversazione nello Spirito è formazione a essere Chiesa sinodale.

B. Comunione, missione, partecipazione
Tre questioni prioritarie per la Chiesa sinodale

«Come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri» (Rm 12,4-5).

43. Tra i frutti della prima fase, e in particolare delle Assemblee continentali, ottenuti anche grazie al modo di procedere appena delineato, c’è l’identificazione delle tre priorità che vengono ora proposte al discernimento dell’Assemblea sinodale di ottobre 2023. Si tratta di sfide con cui la Chiesa tutta deve misurarsi per fare un passo avanti e crescere nel proprio essere sinodale a tutti i livelli e da una pluralità di prospettive: chiedono di essere affrontate dal punto di vista della teologia e del diritto canonico, così come da quello della pastorale e della spiritualità. Chiamano in causa la programmazione delle Diocesi così come le scelte quotidiane e lo stile di vita di ciascun membro del Popolo di Dio. Sono autenticamente sinodali anche perché affrontarle richiede di camminare insieme come popolo, con tutte le sue componenti. Le tre priorità saranno illustrate in collegamento con le tre parole chiave del Sinodo: comunione, missione, partecipazione. È una scelta motivata dalla ricerca della semplicità espositiva, ma che si espone a un rischio: quello di presentarle come tre “pilastri” indipendenti l’uno dagli altri. Invece, nella vita della Chiesa sinodale, comunione, missione e partecipazione si articolano, alimentandosi e sostenendosi a vicenda. In questa chiave di integrazione vanno sempre pensate e presentate.

44. Il cambiamento nell’ordine con cui i tre termini compaiono, con la missione nel posto centrale, si radica nella consapevolezza dei legami che li uniscono maturata durante la prima fase. In particolare, comunione e missione si intrecciano e si rispecchiano l’una nell’altra, come già insegnava San Giovanni Paolo II: «La comunione e la missione sono profondamente congiunte tra loro, si compenetrano e si implicano mutuamente, al punto che la comunione rappresenta la sorgente e insieme il frutto della missione: la comunione è missionaria e la missione è per la comunione» (CL 32, ripreso in PE I,4). Siamo invitati a superare una concezione dualista in cui i rapporti interni alla comunità ecclesiale sono il dominio della comunione, mentre la missione riguarda lo slancio ad extra. La prima fase ha invece messo in evidenza come la comunione sia la condizione di credibilità dell’annuncio, recuperando in questo una intuizione della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, su I giovani, la fede e il discernimento vocazionale[7]. Parallelamente cresce la coscienza che l’orientamento alla missione costituisce l’unico criterio evangelicamente fondato per l’organizzazione interna della comunità cristiana, la distribuzione di ruoli e compiti e la gestione delle sue istituzioni e strutture. È nel rapporto con comunione e missione che la partecipazione può essere compresa, e per questo non può che essere affrontata dopo le altre due. Da una parte rende loro il servizio della concretezza: l’attenzione a procedure, regole, strutture e istituzioni consente alla missione di consolidarsi nel tempo e sottrae la comunione all’estemporaneità emozionale. Dall’altra ne riceve un orientamento e un dinamismo finalistico che le permettono di sfuggire al rischio di trasformarsi nella frenesia della rivendicazione di diritti individuali, finendo inevitabilmente per frammentare anziché unire.

45. Per accompagnare la preparazione e strutturare i lavori dell’Assemblea, per ciascuna priorità sono state preparate cinque Schede di lavoro, presentate al termine di questa sezione. Ciascuna di esse costituisce una porta di ingresso per trattare la priorità a cui è associata, che in questo modo può essere affrontata da prospettive differenti ma complementari, in collegamento con aspetti diversi della vita della Chiesa emersi grazie al lavoro delle Assemblee continentali. In ogni caso, i tre paragrafi che seguono, a cui corrispondono i tre gruppi di Schede, non possono essere letti come colonne parallele e non comunicanti. Sono piuttosto fasci di luce che da punti diversi illuminano la stessa realtà, cioè la vita sinodale della Chiesa, continuamente intrecciandosi e richiamandosi l’un l’altro, invitando a crescere in essa.

B 1. Una comunione che si irradia. Come essere più pienamente segno e strumento di unione con Dio e di unità del genere umano?

46. La comunione non è un sociologico ritrovarsi come membri di un gruppo identitario, ma è prima di tutto un dono del Dio Trino e, al tempo stesso, un compito, mai esaurito, di costruzione del “noi” del Popolo di Dio. Come le stesse Assemblee continentali hanno sperimentato, essa intreccia una dimensione verticale, che Lumen gentium chiama «l’unione con Dio», e una orizzontale, «l’unità del genere umano», in un forte dinamismo escatologico: quello della comunione è un cammino in cui siamo chiamati a crescere, «finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo» (Ef 4,13).

47. Di quel momento riceviamo un’anticipazione nella liturgia, il luogo in cui la Chiesa nel suo cammino terreno sperimenta la comunione, la alimenta e la costruisce. Se, infatti, «la liturgia contribuisce in sommo grado a che i Fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e l’autentica natura della vera Chiesa» (SC 2), è proprio ad essa che dobbiamo guardare per comprendere che cosa sia la vita sinodale della Chiesa. Innanzi tutto è nell’azione liturgica, e in particolare nella celebrazione eucaristica, che la Chiesa fa ogni giorno esperienza di radicale unità nella medesima preghiera, ma nella diversità delle lingue e dei riti: un punto fondamentale in chiave sinodale. Da questo punto di vista, la molteplicità dei riti nell’unica Chiesa Cattolica è un’autentica benedizione, da proteggere e promuovere, come in diverse occasioni si è potuto sperimentare anche durante le Assemblee continentali.

48. L’assemblea sinodale non può essere intesa come rappresentativa e legislativa, in analogia a un organismo parlamentare, con le sue dinamiche di costruzione della maggioranza. Siamo piuttosto chiamati a comprenderla in analogia a quella liturgica. La tradizione antica ci attesta che il Sinodo si celebra: inizia con l’invocazione dello Spirito Santo, prosegue con la professione di fede, giunge a determinazioni condivise per garantire o ristabilire la comunione ecclesiale. In un’assemblea sinodale Cristo si rende presente e agisce, trasforma la storia e le vicende quotidiane, dona lo Spirito che guida la Chiesa a trovare un consenso su come camminare insieme verso il Regno e aiutare l’umanità a procedere nella direzione dell’unità. Camminare insieme nell’ascolto della Parola e dei fratelli e delle sorelle, cioè nella ricerca della volontà di Dio e nella concordia, conduce all’azione di grazie al Padre attraverso il Figlio nell’unico Spirito. Nell’assemblea sinodale quanti si riuniscono nel nome di Cristo ascoltano la sua Parola, si ascoltano a vicenda, fanno discernimento nella docilità allo Spirito, proclamano quanto hanno ascoltato e riconosciuto come luce per il cammino della Chiesa.

49. In questa prospettiva, la vita sinodale non è una strategia di organizzazione della Chiesa, ma l’esperienza di poter trovare una unità che abbraccia la diversità senza cancellarla, perché fondata sull’unione con Dio nella confessione della stessa fede. Questo dinamismo possiede una forza propulsiva che spinge per allargare continuamente l’ambito della comunione, ma che deve fare i conti con le contraddizioni, i limiti e le ferite della storia.

50. Si radica in questo punto la prima questione prioritaria emersa dal processo sinodale: nella concretezza della nostra realtà storica, custodire e promuovere la comunione richiede di farsi carico dell’incompiutezza nel riuscire a vivere l’unità nella diversità (cfr. 1Cor 12). La storia produce divisioni, che causano ferite da curare e richiedono di avviare percorsi di riconciliazione. In questo contesto, in nome del Vangelo quali legami vanno sviluppati, superando trincee e steccati, e quali ripari e protezioni vanno costruiti, e a tutela di chi? Quali divisioni sono infeconde? Quando la gradualità rende possibile il cammino verso la comunione compiuta? Paiono interrogativi teorici, ma la loro concretezza si radica nella vita quotidiana delle comunità cristiane consultate nella prima fase: riguardano infatti la questione se esistano limiti alla disponibilità di accogliere persone e gruppi, il modo di impegnarci nel dialogo con le culture e le religioni senza compromettere la nostra identità, o la determinazione nel farci voce di chi è ai margini e nel riaffermare che nessuno deve essere lasciato indietro. Le cinque Schede di lavoro relative a questa priorità provano a esplorare questi interrogativi da cinque prospettive complementari.

B 2. Corresponsabili nella missione. Come condividere doni e compiti a servizio del Vangelo?

51. «La Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua natura missionaria» (AG 2). La missione costituisce l’orizzonte dinamico a partire dal quale pensare la Chiesa sinodale, a cui imprime una spinta verso l’“estasi”, «che consiste nell’uscire [… da sé] per cercare il bene degli altri, fino a dare la vita» (CV 163; cfr. anche FT 88). La missione permette cioè di rivivere l’esperienza della Pentecoste: ricevuto lo Spirito Santo, Pietro con gli Undici si alza in piedi e prende la parola per annunciare Gesù morto e risorto a quanti si trovano a Gerusalemme (cfr. At 2,14-36). La vita sinodale si radica nello stesso dinamismo: non sono poche le testimonianze che descrivono in questi termini l’esperienza vissuta nella prima fase, e ancora più numerose quelle che legano in maniera inscindibile sinodalità e missione.

52. In una Chiesa che si definisce come segno e strumento di unione con Dio e di unità del genere umano (cfr. LG 1), il discorso sulla missione mette a tema la trasparenza del segno e l’efficacia dello strumento, senza le quali qualunque annuncio si scontrerà con problemi di credibilità. La missione non è marketing di un prodotto religioso, ma costruzione di una comunità in cui i rapporti siano trasparenza dell’amore di Dio e quindi la vita stessa diventi annuncio. Negli Atti degli apostoli, al discorso di Pietro segue immediatamente il racconto della vita della comunità primitiva, in cui tutto diventava occasione di comunione (cfr. 2,42-47): questo le conferiva capacità di attrazione.

53. In questa linea, il primo interrogativo sulla missione riguarda proprio ciò che i membri della comunità cristiana sono disponibili a mettere in comune, a partire dall’originalità irriducibile di ciascuno, in forza della sua relazione diretta con Cristo nel Battesimo e del suo essere abitato dallo Spirito. Questo rende prezioso e irrinunciabile il contributo di ogni Battezzato. Una delle ragioni del senso di meraviglia registrato durante la prima fase è legato proprio alla possibilità di contribuire: «Davvero posso fare qualcosa?». Al tempo stesso, ciascuno è invitato ad assumere la propria incompletezza, cioè la consapevolezza che per portare avanti la missione c’è bisogno di tutti o, in altri termini, che anche la missione ha una dimensione costitutivamente sinodale.

54. Per questo la seconda priorità individuata da una Chiesa che si scopre sinodale missionaria riguarda il modo in cui riesce davvero a sollecitare il contributo di tutti, ciascuno con i suoi doni e i suoi compiti, valorizzando la diversità dei carismi e integrando la relazione tra doni gerarchici e carismatici[8]. La prospettiva della missione inserisce carismi e ministeri nell’orizzonte di ciò che è comune, e in questo modo ne salvaguarda la fecondità, che risulta invece compromessa quando essi diventano prerogative che legittimano logiche di esclusione. Una Chiesa sinodale missionaria ha il dovere di interrogarsi su come può riconoscere e valorizzare il contributo che ogni Battezzato può offrire alla missione, uscendo da se stesso e partecipando insieme agli altri a qualcosa di più grande. «Dare un contributo attivo al bene comune dell’umanità» (CA 34) è una componente irrinunciabile della dignità della persona, anche all’interno della comunità cristiana. Il primo contributo che tutti possono offrire è al discernimento dei segni dei tempi (cfr. GS 4), allo scopo di mantenere la consapevolezza della missione sintonizzata con il soffio dello Spirito. Tutti i punti di vista hanno qualcosa da apportare a questo discernimento, a partire da quello dei poveri e degli esclusi: camminare insieme con loro non vuol dire soltanto farsi carico dei loro bisogni e delle loro sofferenze, ma anche imparare da loro. Questo è il modo per riconoscere loro pari dignità, sfuggendo alle trappole dell’assistenzialismo e anticipando per quanto possibile la logica di quei cieli e terra nuova verso cui siamo in cammino.

55. Le Schede di lavoro relative a questa priorità provano a concretizzare questo interrogativo di fondo rispetto a temi quali il riconoscimento della varietà di vocazioni, carismi e ministeri, la promozione della dignità battesimale delle donne, il ruolo del Ministero ordinato e in particolare il ministero del Vescovo all’interno della Chiesa sinodale missionaria.

B 3. Partecipazione, compiti di responsabilità e autorità. Quali processi, strutture e istituzioni in una Chiesa sinodale missionaria?

56. «Comunione e missione rischiano di restare termini un po’ astratti se non si coltiva una prassi ecclesiale che esprima la concretezza della sinodalità in ogni passo del cammino e dell’operare, promuovendo il reale coinvolgimento di tutti e di ciascuno»[9]. Queste parole del Santo Padre ci aiutano a collocare la partecipazione nel rapporto con gli altri due termini. Alla dimensione procedurale, che non va sottovalutata in quanto istanza di concretezza, la partecipazione aggiunge una densità antropologica di grande rilevanza: esprime infatti la preoccupazione per la fioritura dell’umano, cioè l’umanizzazione dei rapporti al cuore del progetto di comunione e dell’impegno per la missione. Salvaguarda l’unicità del volto di ciascuno, spingendo perché il passaggio al “noi” non assorba l’“io” nell’anonimato di una collettività indistinta, nell’astrattezza dei diritti o nell’asservimento alla performance dell’organizzazione. La partecipazione è essenzialmente espressione di creatività e alimento di rapporti di ospitalità, accoglienza e promozione umana al cuore della missione e della comunione.

57. Dalla preoccupazione per la partecipazione nel senso integrale qui ricordato scaturisce la terza priorità emersa dalla tappa continentale: la questione dell’autorità, del suo senso e dello stile del suo esercizio all’interno di una Chiesa sinodale. In particolare, essa si pone nella linea di parametri di derivazione mondana, o in quella del servizio? «Tra voi non sarà così» (Mt 20,26; cfr. Mc 10,43), dice il Signore, che dopo aver lavato i piedi ai discepoli li ammonisce: «Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13,15). Nella sua origine, il termine “autorità” indica la capacità di far crescere, e dunque il servizio all’originalità personale di ciascuno, il sostegno alla creatività e non un controllo che la blocca, il servizio alla costruzione della libertà della persona e non un laccio che la tiene legata. A questa domanda se ne collega una seconda, carica della preoccupazione per la concretezza e la continuità nel tempo: come possiamo imprimere alle nostre strutture e istituzioni il dinamismo della Chiesa sinodale missionaria?

58. Da questa attenzione deriva una ulteriore istanza, altrettanto concreta, che punta proprio a sostenere la dinamica della partecipazione nel tempo: si tratta della formazione, che appare in modo trasversale in tutti i documenti della prima fase. Istituzioni e strutture, infatti, non bastano a rendere sinodale la Chiesa: sono necessarie una cultura e una spiritualità sinodali, animate da un desiderio di conversione e sostenute da un’adeguata formazione, come le Assemblee continentali e prima di loro le sintesi delle Chiese locali non hanno cessato di sottolineare. L’esigenza di formazione non si limita all’aggiornamento dei contenuti, ma ha una portata integrale, che riguarda tutte le capacità e le disposizioni della persona: l’orientamento alla missione, la capacità di relazione e di costruzione della comunità, la disponibilità all’ascolto spirituale e la familiarità con il discernimento personale e comunitario, la pazienza, la perseveranza e la parresia.

59. La formazione è il mezzo indispensabile per rendere il modo di procedere sinodale un modello pastorale per la vita e l’azione della Chiesa. Abbiamo bisogno di una formazione integrale, iniziale e permanente, per tutti i membri del Popolo di Dio. Nessun Battezzato può sentirsi estraneo a questo impegno e occorre quindi strutturare adeguate proposte di formazione al modo di procedere sinodale rivolte a tutti i Fedeli. In particolare, poi, più uno è chiamato a servire la Chiesa, più deve avvertire l’urgenza della formazione: Vescovi, Presbiteri, Diaconi, Consacrati e Consacrate, e tutti coloro che esercitano un ministero hanno bisogno di formazione per rinnovare le modalità di esercizio dell’autorità e i processi decisionali in chiave sinodale, e per apprendere come accompagnare il discernimento comunitario e la conversazione nello Spirito. I candidati al Ministero ordinato vanno formati a uno stile e a una mentalità sinodale. La promozione di una cultura della sinodalità implica il rinnovamento dell’attuale curriculum dei seminari e della formazione dei formatori e dei professori di teologia, in modo che ci sia un orientamento più chiaro e deciso verso la formazione a una vita di comunione, missione e partecipazione. La formazione a una spiritualità sinodale è al cuore del rinnovamento della Chiesa.

60. Numerosi contributi evidenziano la necessità di uno sforzo analogo per il rinnovamento del linguaggio utilizzato dalla Chiesa: nella liturgia, nella predicazione, nella catechesi, nell’arte sacra, così come in tutte le forme di comunicazione rivolte sia ai Fedeli sia all’opinione pubblica più ampia, anche attraverso nuovi e vecchi media. Senza mortificare o svilire la profondità del mistero che la Chiesa annuncia o la ricchezza della sua tradizione, il rinnovamento del linguaggio dovrà puntare a renderle accessibili e attraenti per gli uomini e le donne del nostro tempo, senza rappresentare un ostacolo che li tiene lontani. L’ispirazione della freschezza del linguaggio evangelico, la capacità di inculturazione che la storia della Chiesa esibisce e le promettenti esperienze già in corso, anche nell’ambiente digitale, ci invitano a procedere con fiducia e decisione in un compito di importanza cruciale per l’efficacia dell’annuncio del Vangelo, che è il fine a cui tende una Chiesa sinodale missionaria.

Roma, 29 maggio 2023

Memoria della Beata Vergine Maria Madre della Chiesa

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