“Keir Starmer è un uomo onesto”: dal Regno Unito una lezione di democrazia

Consegnate le chiavi di Downing Street ai Laburisti. Il primo ministro uscente, Rishi Sunak, ha tenuto un discorso che testimonia la forza della democrazia britannica, frutto di millenni di storia
Londra, 6 luglio 2024 – Il Regno Unito svolta a sinistra. A Downing Street ha già messo piede Keir Starmer, leader del Partito Laburista che ha trionfato alle elezioni anticipate. Una vittoria scontata, telefonata, ma comunque storica: i laburisti tornano al Governo a distanza di 14 anni dall’ultima volta. E mentre in tutt’Europa soffia un vento di destra, anzi di estrema destra, il Regno Unito va controcorrente. Come spesso ha fatto nel corso della sua millenaria storia.
Starmer ha già il piano pronto per i suoi primi 100 giorni, che nella tradizione britannica sono cruciali per il futuro del Governo. Obiettivi: ridare vita alla sanità pubblica dissanguata e ai servizi pubblici al collasso, affrontare l’enorme impatto della crisi economica, continuare a prendersi i riflettori sulla scena internazionale con il pieno sostegno all’Ucraina (un sostegno bipartisan nell’UK).
I Tory, guidati dal primo ministro Rishi Sunak, probabilmente non hanno mai pensato di vincere, neanche per un secondo. I sondaggi pre-elettorali non lasciavano spazio a dubbi. Ma quanto meno limitare i danni, per quanto possibile. Ce l’hanno fatta? Beh, no, dato che i Labour si sono presi 412 seggi. Una batosta. Tuttavia, proprio lo sconfitto Sunak ha dato prova di quanto sia forte la democrazia britannica, dando una lezione a tutti gli altri grandi paesi occidentali. Perchè non è importante solo saper vincere, ma lo è soprattutto saper perdere. E tra poco vedremo perchè. Prima, però, facciamo un passo indietro.

Keir Starmer, nuovo primo ministro del Regno Unito
Dai Conservatori più danni della grandine
Il Partito Conservatore ne ha combinate di cotte e di crude. La Brexit per gli inglesi è stata una sciagura, in particolare nel settore finanziario e negli scambi commerciali con i paesi europei. Una scelta ideologica volta a “ristabilire” il primato e la sovranità del Regno Unito su se stesso, storicamente non abituato a prendere ordini da qualcun’altro. Il risultato? Un disastro. Il referendum che si tenne il 23 giugno 2016 segnò una vittoria molto risicata, spaccò la Nazione in 2 (Inghilterra e Galles votarono per uscire, Scozia e Irlanda del Nord per rimanere) ed avrebbe portato i britannici ad un punto di non ritorno.

Il primo ministro Boris Johnson a uno degli incontri in cui alcuni partecipanti hanno violato le restrizioni Covid (Foto: Wikipedia – dominio pubblico)
A peggiorare il tutto ci ha pensato poi Boris Johnson che, nel corso della sua permanenza a Downing Street, non è riuscito ad essere altro che un abile e straordinario oratore. Croce e delizia, simbolo e paradigma dei britannici, un artista mancato, Johnson si è contraddistinto più per le sue sparate che per altro. Basterebbe citare lo scandalo Partygate, scoppiato tra il 2020 ed il 2021: mentre erano in atto diversi lockdown, si sono svolti raduni al 10 di Downing Street , nel suo giardino e in altri edifici governativi e del Partito Conservatore. Uno scandalo che contribuì alla sua caduta. Per non parlare della gestione dell’immigrazione, con i migranti illegali spediti in Ruanda. E tanto altro ancora.
Liz Truss (seconda donna premier, dopo Margaret Thatcher), che ha raccolto il testimone, è riuscita in un’impresa: fare peggio di Boris Johnson. Rimasta in carica solo 45 giorni – il Governo più breve della storia britannica – Truss ha fatto più danni della grandine. Annunciando una manovra finanziaria consistente 45 miliardi di sterline di tagli alle tasse e in un taglio drastico degli oneri sociali, provocò una reazione choc da parte dei mercati finanziari e una consistente svalutazione della sterlina. Questo succede quando proponi non solo misure ideologiche ed inattuabili, ma soprattutto senza coperture: chi paga? Di certo ha pagato lei, che poco dopo non ha potuto fare altro che dimettersi.