Cultura e archeologia: pagina per pagina sfogliamo il libro del territorio
Fiumicino – E’ nascosta sotto i nostri piedi. Letteralmente. Una ricchezza sepolta e disseminata in ogni angolo del territorio comunale, un patrimonio storico e archeologico di inestimabile valore che talvolta, per caso, torna alla luce: durante uno scavo edilizio, mentre si arano i campi.
Beni preziosi di cui ignoriamo l’esistenza, che spesso vengono considerati come vere e proprie pietre d’inciampo: spunta la villa romana ed ecco il blocco dei lavori di una casa, di una strada, di un ponte. E spuntano ovunque, sono tantissimi: basta smuovere un po’ di terra ed ecco un villaggio preistorico, un basolato romano, una tomba etrusca. Siamo così abituati a convivere con l’antico che abbiamo cominciato a darlo per scontato.
Abbiamo smesso di considerarlo un’opportunità. Un’occasione non solo di rilancio per l’economia locale, ma che di crescita per la collettività. Perché se è vero che la valorizzazione del patrimonio artistico e ambientale può portare ad una crescita occupazionale e al rilancio del settore turistico, è altrettanto vero che la promozione della cultura può trasformarsi in un’altra fonte di ricchezza diventando strumento di coesione sociale, quando ciascuno di noi può rivendicare con orgoglio l’appartenenza ad un territorio che ha dato alla luce un importante sito archeologico o reperto storico di grande rilievo.
E la consapevolezza del valore di ciò che possediamo è il primo passo da fare sulla strada della tutela e della conservazione di un bene. Ma sappiamo vedere veramente la bellezza di quello che possediamo? L’abitudine, in certi casi, gioca brutti scherzi e forse abbiamo perso quell’attitudine allo stupore, quell’ingenua capacità di meravigliarci di fronte alla ricchezze che appartengono al nostro territorio.
Associazioni e volontari hanno moltiplicato negli anni – e moltiplicano tutt’ora – iniziative per valorizzare il patrimonio artistico e culturale di Fiumicino, per renderlo fruibile e accessibile a tutti, per riportare all’attenzione dei nostri occhi distratti e un po’ assopiti tutti i tesori presenti nel nostro Comune. Ma non basta: tutti devono fare la propria parte dalle istituzioni al singolo cittadino; ognuno può contribuire a far sì che tutte le bellezze “nascoste” del nostro Comune vengano finalmente alla luce e ricevano quel giusto riconoscimento, quella necessaria rivalutazione che spinga ciascuno di noi a dire con orgoglio: “Sta a Fiumicino, ed io vivo lì!”.
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Mammuth a due passi a Testa di Lepre
Proprio a due passi da Testa di Lepre c’è una delle più importanti testimonianze della presenza umana e animale risalente al Pleistocene medio-superiore: un giacimento di elefanti fossili di oltre 300.000 anni fa. L’area di Polledrara di Cecanibbio, situata tra via dell’Arrone e via di Boccea, conserva infatti migliaia di resti faunistici di grandi mammiferi, con prevalenza di Elefante antico, Bue primigenio e Cervo elafo. scoperti casualmente nel corso di lavori agricoli.
Aranova, la testa di Giulia
Ben quattro diversi complessi archeologici e un tratto di basolato dell’Aurelia antica in ottimo stato di conservazione sono i tesori che si nascondono ad Aranova. Già nel 2010 alcune indagini archeologiche, preliminari alla realizzazione di edifici residenziali, avevano messo in luce il tratto viario e i resti di alcuni edifici, ma ulteriori lavori di scavo nella zona hanno fatto riaffiorare quello che potrebbe essere l’unico ritratto in marmo di Giulia, figlia dell’imperatore Augusto e della sua prima moglie Scribonia. Il profilo delicato e la posa aristocratica del viso, infatti, collocano il reperto in età imperiale, ma è soprattutto l’elaborato intreccio dei capelli in fitte trecce e il nastro a doppio giro intorno al capo – che si ritrovano nei busti di altri personaggi illustri della gens Giulio Claudia – a renderne quasi certa l’attribuzione
Muracciole, tra sacro e profano
Fiumicino come Tarquinia: lungo l’Aurelia, nella località denominata “Muracciole” un’area sacra di epoca arcaica potrebbe essere collegata al culto della dea Uni, la stessa divinità venerata nel santuario etrusco di Gravisca. Un complesso archeologico di vaste dimensioni, forse un santuario o un sacello associato al culto delle acque, è stato ripotato alla luce insieme ad infrastrutture idrauliche e ad un articolato sistema di canali che, realizzati lungo la pendenza della collina, favorivano lo smaltimento delle acque stesse. Poco distante, sopra un’altura dalla splendida vista sul mare, una villa di epoca romana, della superficie complessiva di 1000 mq, dotata di una fornace per la produzione in loco di materiali da costruzione e di un impianto termale composto da diversi ambienti, tutti orientati in modo da sfruttare la massima esposizione al sole.
Torrimpietra, ceramica e tombe
Un insediamento risalente alla fase finale del Neolitico è quello che è stato rinvenuto durante i sondaggi archeologici preventivi all’interno dei lotti di terreno di proprietà della Società Casali di Torrimpietra. Le indagini eseguite hanno permesso di individuare tracce di strutture preistoriche relative – con buona probabilità – ad una attività di scavo per la ricerca di terreno sabbioso adatto alla produzione della ceramica. I primi reperti rinvenuti – frammenti ceramici e alcuni utensili in pietra – sarebbero collocabili intorno alla fine dell’Eneolitico (III millennio a.C.), ma il sito ha restituito anche un tratto viario di epoca etrusca, alcune strutture residenziali di età tardo repubblicana e un complesso di sepolture di epoca imperiale, che testimoniano come il luogo abbia avuto ulteriori frequentazioni, successive alla fase preistorica.
Via della Muratella, vino antico
Torrimpietra, una terra legata al vino e alla coltivazione della vite fin dai tempi antichi. Tra via della Muratella e l’autostrada Roma-Civitavecchia alcuni sondaggi archeologici, preventivi alla costruzione di un polo agro-alimentare, hanno riportato alla luce una villa rustica di epoca romana. L’edificio, anche se compromesso da interventi agricoli di epoca moderna, mostra una serie di ambienti compatibili con un’attività relativa alla produzione vinicola. In particolare un ampio vano in cui sono stati rinvenuti 14 grandi contenitori per le derrate alimentari, i dolia, potrebbe essere identificato con la cella vinaria, qualcosa di simile alle moderne ‘cantine’. A confermare l’ipotesi il ritrovamento, nell’area circostante la struttura, di tratti di canalizzazioni associabili alla coltivazione in filari regolari di piante di uso comune come la vite.
Tre Cannelle, agricoltori preistorici
La vicinanza di un corso d’acqua, il cui alveo è ancora parzialmente visibile all’interno degli scavi, e di un terreno adatto alle attività agricole, hanno di sicuro reso appetibile agli uomini dell’Età del Bronzo la località “Colli delle Tre Cannelle”, tra la via Aurelia e via della Muratella Mezzana, a 4 km dal litorale tirrenico. I materiali rinvenuti (per la maggior parte frammenti di terracotta decorata, ma anche ossa di animali bruciate e una piastra di cottura) sono probabilmente riconducibili ad attività legate alla sussistenza e allo sfruttamento agricolo e possono essere riconducibili alla fase culturale “appenninica”, databile tra il 1.400 e il 1.325 a.C. Nella zona non sono stati rinvenuti insediamenti di tipo abitativo, ma il confronto con siti simili, lascia pensare che l’abitato potesse trovarsi su qualche altura nelle immediate vicinanze.
Maccarese, villaggio di 4000 anni fa
Un complesso abitativo costituito da cinque capanne e da numerose strutture annesse, cronologicamente collocabili tra la fine del IV e l’inizio del III millennio, un unicum nel panorama degli insediamenti preistorici dell’Età del Rame sul litorale romano. Questo è il villaggio eneolitico del Fianello a Maccarese. Un sito archeologico che ha fornito la prova della più antica presenza del cavallo in tutto il continente europeo e che per circa un decennio è stato oggetto degli studi e degli scavi dell’Università La Sapienza di Roma. Un’area di valore inestimabile che rischia di rimanere sepolta sotto le tonnellate di cemento che il raddoppio dell’aeroporto andrebbe a riversare all’interno della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, compromettendo in maniera irreversibile l’insediamento, con grave danno per la cultura e la ricerca scientifica.