Con il cuore di un atleta, Alessandra Giorgi: “La mia lotta per vincere”
Un lungo cammino di rinascita che l’ha portata a vincere la sfida più importante, quella contro la malattia.
Ostia – Un percorso tutto in salita, ma, alla fine, l’agognato traguardo: potrebbe essere il racconto di una gara sportiva, ma questa volta non è così. Questa è la storia di una donna coraggiosa che ha vinto una sfida ancora più importante: quella contro la malattia.
Ora che la battaglia è terminata, è il momento di guardare indietro, al cammino che si è percorso, ai passi fatti, alle difficoltà, ma anche alle piccole vittorie quotidiane, per raccontarle e raccontarsi a chi, quella battaglia la sta ancora combattendo o si prepara ad affrontala.
Alessandra, tu sei una giornalista sportiva: le gare, la competizione, le sfide sono il tuo pane quotidiano. Ultimamente, però, la vita ti ha chiamato ad una battaglia importante che hai dovuto combattere in prima persona. Ce la vuoi raccontare?
“Si. Ad un certo punto è accaduto qualcosa. Era una mattina del giugno 2017. Avevo appena fatto il mio terzo Golden Gala. Avevo fatto parte del Press Team della Fidal. Avevo fatto solo due giorni di mare. E poi l’imprevisto. Stavo facendo la doccia e mi stavo asciugando. Ho sentito qualcosa che il giorno prima non c’era. Io abitualmente mi massaggiavo il seno. E ho sentito un bozzo sulla parte sinistra. Bello grosso. Sono rimasta fredda. Stupita. Esterrefatta. Non ho pensato al peggio nell’immediato però. O almeno c’ho provato.
Era una situazione da affrontare comunque a sangue freddo. Nel giro di due ore ero già dal mio medico di famiglia. Mi visitò e io lo guardai in viso. Sembrava preoccupato. Ma io mi dicevo: “Forza”. Mi disse di fare l’ecografia mammaria. Pensavo ad una infiammazione. Poteva succedere in prossimità del ciclo mestruale. Ma evidentemente non era proprio così. Entrai in tensione durante l’ecografia. E per approfondire mi dissero che avrei dovuto fare anche una mammografia. La prima della mia vita. Mai fatta prima.
A 39 anni i medici ti consigliano soprattutto di fare una eco. Feci la mammografia allora e la visita con il senologo. Bravissimo. Il Dott. Guadino che ringrazio. Mi ha consigliato lui poi di operarmi al Campus Bio Medico. E mi visitò allora. E mi disse che sicuramente avrei dovuto operarmi. Ma prima dovevo fare anche l’ago aspirato. Nel giro di 10 giorni feci tutte le ricerche. Questo fu l’ultimo passo prima di fare la visita in ospedale. Allora feci l’ago aspirato con tenacia, pazienza e forza. Dovetti attendere alcuni giorni prima della risposta.
E nel frattempo la mia vita certamente non si fermava, anzi. Ancora di più. Scrivevo, partecipavo agli eventi sportivi e resistevo. In quel momento doveva essere così. Insomma..Alessandra non mollava certo la presa, di fronte a questo muro enorme. Poi venne la risposta. Me la dette proprio il Dott. Guadino. Avevo alcune cellule cancerogene. Così mi disse. Non usò quella parola. Non disse né carcinoma, né tumore. Fu molto delicato. Ma io lo sapevo cosa avevo. E poi la visita al Campus. Di mattina presto, prestissimo. E intanto seguivo il mio sport.
E ascoltavo la mia musica. Feci la visita con la bravissima e competente Dott.ssa Antonella Grasso. Una dei Magnifici che mi operarono (insieme al Dott. Altomare, alla Dott.ssa Cagli e alla Dott.ssa Cassotta). Così li chiamo io. Mi visitò e mi spiegò che tipo di operazione avrei dovuto fare. Dovevo mettere un espansore al seno. Passarono alcuni giorni tra ansie, paure e attacchi di panico. Ma reagivo sempre. Dovevo vincere io. Non la malattia. Arrivò il giorno della preospedalizzazione.
Il buio sarebbe presto passato, me lo dicevano tutti. E io alzavo voce e cuore. E poi il ricovero. Passai tre giorni al Campus. Mi ricordo il giorno dell’operazione. Doveva solo arrivare quel giorno. La notte prima così mi dicevo con la mia compagna di stanza. E arrivò. Mi portarono in sala operatoria nel primo pomeriggio. Mentre fuori c’era l’estate del 25 luglio. Andai carica e speranzosa di poter passare tutto in volata (come i velocisti in pista e gli altisti in pedana). Mi ricordo le lenzuola verdi e la cartellina delle Fiamme Gialle sulle gambe.
Tutti i miei referti erano lì dentro. Come un porta fortuna. Come una grande forza per me. E a ricordarlo mi commuovo profondamente. Poi l’operazione e quel pesante espansore che nelle prime ore sentivo. Mi tolsero anche alcuni linfonodi sotto l’ascella sinistra e avevo due drenaggi addosso. Pesanti. Poi tornai a casa. Ma ancora non avevo finito il cammino operatorio. A fine agosto dovetti tornare in sala operatoria. Avrei dovuto togliere anche il capezzolo sinistro. Il problema si stava riproponendo, due volte per un lieve focolaio. Mi operai. In Day Hospital. E il ritorno a casa guarita fu meraviglioso. Ero felice. Poi cominciai la chemioterapia. La terapia era preventiva, significava che stavo bene.
Il tumore era alle spalle. Mi caddero i capelli ma non terminai di truccarmi, vivere e sorridere. Misi la mia parrucchetta e andai avanti. Finii ad aprile, con la voglia di vivermi a pieno la primavera. Ma per scongiurare qualsiasi altro riproponimento, dovetti fare anche la radioterapia. Sempre preventiva. Continuavo a stare bene. Andavo ogni sera al Campus. Poi terminai anche quella. A febbraio scorso ho fatto la ricostruzione al seno e mi ha operata la Dott.ssa Cagli con il suo staff di chirurgia plastica. Sono tornata in sala operatoria allora. E la convalescenza è stata un po’ pesante. Ero stanca e stressata. Ma anche quello è stato un passo necessario”.
Alessandra, tu parli spesso di “rinascita”, quando racconti della tua malattia…Cosa significa per te, per una donna, oggi, affrontare il tumore al seno? Qual è stato l’impatto psicologico che ha avuto su di te questa notizia? Cosa ti ha aiutato a reagire?
“Rinascere è una bellissima parola. Sa di speranza. Sa di futuro. E il futuro è arrivato. C’ho sempre creduto. Carica. Forte. Mai doma. Ero io stessa la mia Guerriera (per citare la canzone di Mengoni). Il tumore al seno minaccia la tua femminilità e la tua vita. Va a ledere la parte che contraddistingue una donna. Il seno. Da dove allatti i tuoi figli, da dove nasce pure la vita. Per una donna significa combattere, ma anche vincere. E prevenire soprattutto. Oggi è una patologia conosciuta dalle Breast Unit italiane. Non c’è niente che non si conosca del carcinoma mammario. E una donna lo deve affrontare con ottimismo e forza. Con tenacia e pazienza.
Questo per me ha voluto dire affrontarlo. In codice rosso vita, con una vita in pericolo tutto è lecito. E io l’ho strapazzato il mio tumore, non gli ho lasciato il tempo di respirare, l’ho schiacciato anche con la mia mentalità. Senza pietà. Ho avuto paura, tantissimo. Sono i pensieri che ti uccidono. Ma mai ho mollato, sin dall’inizio. Quando mi diedero la diagnosi, sono uscita dallo studio del Dott. Guadino. Mi ricordo ancora che guardai dritta avanti a me, come fanno i campioni verso il traguardo. Gli parlai all’alieno che c’era dentro di me. Gli dissi: “Hai sbagliato persona”. E puntai dritta. Senza pietà. Per eliminarlo presto.
E’ importante secondo me iniziare bene un cammino del genere. Ottimismo e forza d’animo sono indispensabili. Chi ben comincia è a metà dell’opera. Così pensai. E andai avanti. Con questa mentalità vincente. Sempre. Sempre il sole. Il mio bellissimo sole a riscaldarmi e la mia bellissima musica a farmi compagnia. A darmi forza. A distrarmi e a confortarmi. La mia passione per lo sport è stata decisiva. Lo sport è la metafora della vita e l’atleta in gara insegna i valori della vita.
Forza, determinazione, tenacia, pazienza e coraggio. Costanza. Io lo presi da esempio. E il mio lavoro mi ha aiutato molto. E anche la rabbia. E il rifiutarmi di pensare al peggio. Non poteva che andare bene. Doveva andare bene. Non c’era altra soluzione. Come mi disse una mia cara amica. Le parole mi hanno aiutato tanto. Di tutti. Non mi sono mai chiesta perché a me. Pensavo anche ai bimbi che devono lottare contro questa patologia. Non ritenevo giusto pensare a me. Non ho pensato al problema quindi, ma alla soluzione. Ho cercato di farlo, con tutta la forza che avevo dentro”.
La medicina, in questo settore, sta compiendo passi da gigante e per le donne affette da questa patologia, la speranza di sconfiggerla è aumentata negli ultimi 15 anni dall’81% all’87%, un dato sicuramente positivo…
“Molto positivo. Proprio di questi giorni è la notizia che ci sono stati 2000 casi in meno di tumore rispetto al 2018. E’ una conquista eccezionale. Epocale. Oggi la ricerca ha fatto passi da gigante e le cure sono personalizzate. L’ho visto su me stessa. Ogni paziente aveva la sua terapia da fare. Personalizzata. Ecco perché oggi si può vincere. C’è tanta strada da fare ancora e la medicina non si deve fermare. E la prevenzione è la nostra arma primaria.
Voglio dare questo messaggio alle tante e splendide donne di questo mondo : il tumore al seno si può curare e si può debellare. I medici sono bravissimi, aggiornati. Ti stanno accanto anche psicologicamente. La sopravvivenza (per utilizzare il linguaggio medico) è aumentata. Oggiuna donna prosegue la sua vita. La ricerca, gli studi. Tutto è migliorato. Anche le tecniche chirurgiche. Si salvaguarda la femminilità. La buona qualità di vita che ogni donna ha il sacrosanto diritto di godersi”.
La battaglia contro il tumore al seno è una sfida importante, richiede forza d’animo, coraggio e una grande tenacia. Ma anche il sostegno delle persone che abbiamo accanto. C’è qualcuno che ti è stato particolarmente vicino lungo questo tuo percorso?
“Voglio parlare di chi mi è stato accanto. Non ho parole per descrivere l’amore, la forza e la positività della mia famiglia. Sin dai primi momenti. Sorrisi intorno a me e tanta forza. Mi hanno spronata, tranquillizzata. Mai lasciata sola. Dalle operazioni avute (tre) fino al termine delle terapie. E molte visite e controlli fatti. Noi siamo molto uniti. Mia mamma è sempre stata con me e lo è ancora. Mio papà anche. Come mio fratello Alessio. Tre angeli. Tre guardie del corpo.
I miei zii. I miei cugini. Oltre loro, anche i miei amici e colleghi di lavoro. Voglio ringraziare per l’appoggio e la vicinanza Angelo Perfetti e Vincenzo Taurino, i miei direttori a Il Faro on line. Hanno aspettato e mi hanno permesso di lavorare anche da casa. Non ho mai smesso di scrivere. E ringrazio anche i tanti atleti che ho intervistato in quel periodo di percorso chirurgico e farmacologico. Sono stati una grande forza per me e non lo sapevano. Grazie anche a loro. Stessa cosa per i miei colleghi della Confsport Italia e il presidente Paolo Borroni. E poi le Fiamme Gialle. I miei tantissimi amici delle Fiamme Gialle. Al Centro Sportivo di Castel Porziano e a Sabaudia.
Sempre mi hanno dimostrato affetto, vicinanza e comprensione. Ringrazio il Comandante Vincenzo Parrinello per le bellissime parole per me spese. Anche dopo la ricostruzione al seno. E io li ho sempre pensati tutti. Ringrazio i miei amici delle Federazioni Sportive e del Coni. Ringrazio Mario Biagini e Manuele Mennea. Ringrazio Stefano Giommoni dei Carabinieri. Ringrazio la mia cara amica Lara Liotta. Con particolare affetto. Ringrazio i miei amici delle Fiamme Oro. Cinzia Colaiacomo e Roberto Bonanni. La Nazionale di karate Fijlkam. Atleti e allenatori. Ringrazio Savio Loria. Grande amico mio. Ringrazio i tecnici azzurri e i dirigenti. Davide Benetello e Sergio Donati.
I miei amici di tutta Italia. Di Ostia, di Roma. Tra di essi Flavia Faraco e la sua famiglia, Mariacristina Masi, Serena Barbalace, Marco Frasca, Davide Bordoni e la sua famiglia. Pietrangelo Massaro, Simone Foglio e Vincenzo Izzo. I ragazzi della Old Stars Ostia e delle società sportive che io ho sempre seguito, tra cui il Mushin Karate di Casal Palocco. Grazie al Maestro Paolo Gabbarini. Mi sono sempre stati accanto. Ringrazio Claudio Culasso. Ex direttore tecnico del karate Fiamme Gialle. Si è sempre preoccupato di sapere di me. E quando sono tornata a casa dalla seconda operazione, ha organizzato un piccolo rinfresco alle Fiamme Gialle per festeggiarmi. Ringrazio la mia amica Simona che mi ha accompagnata ad acquistare la parrucchetta e l’ha fatto sembrare assolutamente naturale. Ringrazio la società delle Stelle Marine.
Il mio amico coach Roberto Paciucci. Per la simpatia e la vicinanza. E anche per la maglietta delle Stelle Marine che mi ha regalato una volta tornata a casa, dopo la prima operazione. Ringrazio i miei amici parrucchieri. Simona, Fabio e la loro famiglia. Loro sanno quanto sono stati preziosi per me e lo sono ancora. Ringrazio il mio medico di famiglia. Ringrazio la Prof.ssa Pattuglia direttrice del Master in Sport Management all’Università di Tor Vergata. Il Master che feci nel 2011. Anche lei mi è stata vicina, come il Prof. Cherubini. L’eccezionale Cesare Giarrizzo. Il mio medico di famiglia. Mi ha presa per mano sin dai primi momenti e continuamente. Sempre presente. Allora e ancora. Anche disturbandolo in ore improprie, mi ha sempre aiutata e tranquillizzata. Dal lunedì alla domenica. Ringrazio i medici del Campus che mi hanno salvato la vita e mi hanno fatto rinascere.
I Magnifici. Da chi mi ha operata (Dott.ssa Grasso, Dott.ssa Cagli e Dott. Altomare), a chi poi mi ha visitata e seguita. Tra di essi la Dott.ssa oncologa Annalisa La Cesa e il suo staff. Insieme al Dott. Pantano. Le infermiere, gli infermieri, anche le ragazze e i ragazzi dell’accettazione. Tutti. Prendi sorrisi, strette di mano e positività. Ringrazio Daniela De Girolamo, la mia insegnante di Qi Cong. Devo dedicare parole speciali per i miei amici della Yoshokan (palestra di arti marziali di Ostia) e della Fiam (Federazione Italiana Arti Marziali). Sono stata con loro, sul tatami, 48 ore prima del mio primo ricovero e anche dopo. Con loro ho passato i pomeriggi in palestra, mi sono distratta e distesa e ho preso energia, dal mio tatami di Ostia e da loro. Grazie a Massimo Di Luigi, Augusto Sambucioni e Luigi Di Francia. Mi hanno dato la forza che mi serviva.
Attraverso l’amicizia e la pratica delle arti marziali. Mi facevano bene anche guardarle. Ringrazio gli atleti e le atlete con cui ne ho parlato dopo e che mi chiedevano come stessi. Alcuni di essi come Luigi Busà, Antonella Palmisano, Oxana Corso e Margherita Magnani. E tutti campioni e campionesse delle Fiamme Gialle che conosco. Tra cui allenatori, preparatori atletici e dirigenti militari. Ringrazio anche i miei amici del calcio. Tra di essi, Claudio Spadolini, Riccardo Martorelli, difensore della Vis Artena, Roberto Cascioli e Vincenzo Marino team manager di Ostiamare e Morandi. Mi hanno conosciuta nel periodo precedente della diagnosi. Mi hanno poi incoraggiata con la loro stima e amicizia.
Devo spendere parole particolari per la mia amica Eleonora. Il mio 40esimo compleanno è arrivato al termine del percorso della chemio. Il 26 maggio 2018. E in quel mentre stavo facendo la radioterapia. Mi fece uno splendido regalo. La Coppa dei Campioni in miniatura, per festeggiare la mia vittoria sulla malattia: “Ad Alessandra. Per i tuoi 40 anni. Campionessa di una grande battaglia”. Mi ha fatto commuovere. Ci conosciamo da bambine. Il campione festeggiato anche in questo modo.
Tutti hanno usato parole di conforto e di incoraggiamento. E io le ho ascoltate tutte le parole. Come mi diceva sempre la mia bravissima mental coach Libera Del Lungo. Eccezionale. Le ho portate dentro di me le parole, nel bene e nel male. Me le sono portate in sala operatoria e in terapia. La vicinanza di tutti. Dimentico qualcuno sicuramente e chiedo scusa. Ma nello sport, come nella mia vita di tutti i giorni, sono stati tanti a starmi vicino. Prima, durante e dopo. Voglio ricordare con particolare affetto il mio caro amico Alessio Giovannini. Scomparso di leucemia lo scorso mese di gennaio. Abbiamo fatto insieme il Golden Gala del 2017 e mi chiamava Miss Entusiasmo per la mia passione per lo sport. Ricordo le sue parole e il suo affetto. Lo porterò sempre dentro. Voglio bene a tutti. Siamo una squadra eccezionale”.
In questo lungo percorso che hai affrontato con grinta e un pizzico di caparbietà, ci sono stati sicuramente attimi di buio. Anche in questi momenti sei riuscita a trovare una spinta positiva per andare avanti? Ci sono stati piccoli traguardi personali che ti hanno dato coraggio per continuare la sfida? Ci sono stati, nonostante la malattia, momenti felici?
In questi due anni ho lottato e affrontato tante cose. Operazioni, terapie e fatiche. Ansie. Ma ho raggiunto il sogno di una vita. Sono diventata giornalista pubblicista. E ci sono riuscita perché i miei colleghi mi hanno appoggiata e aspettata. Perché in questi due anni e mezzo non mi sono mai fermata. Ho continuato a scrivere e a lavorare. Prima delle operazioni ero a bordo campo o a bordo tatami.
Seduta al computer a scrivere, a dire al destino di no. Io c’ero e volevo continuare ad esserci. Io esistevo ed esisto. Non mi sarei mai immaginata di dover conquistare il mio sogno in questo contesto. Ma è andata così per me e la soddisfazione è stata meravigliosa. Ho vinto da donna, da giornalista e da essere umano. E saremo sempre pronti ad affrontare nuove battaglie. Per vincere ancora.
Di momenti felici, oltre a questo ce ne sono stati tanti. E me li ricordo tutti. Dopo una visita andata bene, dopo le operazioni chirurgiche. Tornavo a casa. E quello voleva dire che stavo bene. Dopo una risposta positiva. Dopo un incoraggiamento a ricominciare. Dopo la fine delle terapie. Io amo condividere i miei sentimenti e intorno a me, tante persone hanno accolto la mia gioia. Triplicandola. C’è stato il buio nel mio cammino, ma la luce non è mai mancata.
Ho sempre impreziosito momenti e incontri. Per apprezzare la vita. Ho avuto una patologia presa in tempo, grazie a Dio. E ci sono state tante strane coincidenze. Segni probabilmente. La presenza di una Provvidenza che non mi ha mai lasciata sola. Adesso è tempo di ricominciare. Adesso è tempo di tornare in pista. C’è un nuovo trofeo da conquistare. La vita.
Tu sei una giornalista sportiva e parli sempre del tuo percorso come di un gara: essere sempre a contatto con lo sport, conoscere tanti atleti, ti ha dato in qualche modo una marcia in più per raggiungere il tuo traguardo?
“Come ho in alcuni passi detto, lo sport è stata una grande forza. L’eccezione che mi ha fatto partire dritta verso la conclusione del mio difficile percorso. E’ stata una gara. Una gara per far trionfare la cosa più preziosa che abbiamo. La vita. Contro le mie ombre sul percorso, le mie virtù hanno vinto. Per citare la mia Tesi sulla Filosofia dello Sport. Esso è la metafora della vita. E il campione ha vinto. E spesso utilizzavo questo linguaggio anche sui social. Ma parlavo di me. E del campione che avevo dentro. Che ho dentro. Credo. Ci provo sempre. Atleti, allenatori e dirigenti di squadre sportive, militari e civili mi hanno trasmesso la forza.
La grande forza dello sport e del suo insegnamento. Non si conquista nulla senza soffrire. Vince chi soffre meglio. Vince chi ci crede. Nel periodo invernale della chemioterapia dovevo stare molto attenta a non prendere freddo, per salvaguardare il mio sistema immunitario e per non saltare le sedute settimanali. E’ stato lungo. Lunghissimo. Ma c’era lo sport a farmi compagnia. Lo seguivo ugualmente e poi scrivevo. Calcio, scherma, atletica, nuoto, karate e judo. Solo alcuni dei tanti. Interviste, articoli. Tutto mi ha dato forza.
Sono stati anch’essi le mie armi. E l’esempio di un atleta che combatte in gara mi ha dato la forza per staccare dallo start e raggiungere il traguardo. Voglio ricordare due momenti : il primo a luglio 2017. Prima della mia prima operazione. Mondiali di atletica paralimpica in tv. Vidi lo scatto di Martina Caironi dai blocchi. Forte, decisa. Mi scattò qualcosa dentro e sento ancora i brividi. Sentì gli occhi di fuoco. Niente poteva fermarmi. Anche io dovevo staccare dai blocchi in quel modo, nel percorso che stavo facendo, verso il traguardo finale. Cattiva, determinata, spietata. Neanche la paura che mi tormentava ogni giorno poteva fermarmi. Ma c’era. Lei c’era sempre.
E poi durante il periodo invernale della chemio : c’erano le Olimpiadi Invernali di Pyeong Chang in tv. Arianna Fontana vinse tante medaglie. Un giorno vinse l’oro nei 500 metri dello short track. Io scrissi il pezzo e andai al Campus per la chemio. Quel pensiero dello sport e del lavoro e dell’agonismo me li sono portati dietro, in quel febbraio del 2018. E poi la intervistai per le sue medaglie olimpiche al Comando Generale della Guardia di Finanza ad aprile. Pochi giorni dopo il termine della chemioterapia. E si chiuse un cerchio per me. Feci come un atto di giustizia nei miei confronti. E Arianna come gli altri, mi ha aiutata tanto.
E spero possa saperlo un giorno. Voglio anche ricordare i Mondiali di nuoto del 2017. Nei giorni del mio primo ricovero Federica Pellegrini vinse l’oro nei 200 metri. Fu come vincere insieme a lei. E poi il titolo mondiale di Gregorio Paltrinieri sui 1500 metri. Ero da pochi giorni tornata a casa dal Campus, quando lo vidi in piscina gareggiare in finale. E avevo ancora tutti i drenaggi attaccati addosso. Ripresi quel trionfo con le mani anche se le braccia mi pesavano. I 1500 : la gara della pazienza, della tenacia, del coraggio. Del non mollare mai. Grazie Greg. Questo fa lo sport. Insegna. E voglio dirlo a tutti. Non vi fermate alle apparenze di una gara. C’è qualcosa di più nascosto. C’è il cuore di un atleta che combatte. Persona come noi tutti”.
Adesso che la sfida è vinta, che sei arrivata al traguardo, è veramente tutto finito? O alla fine della terapia c’è tutto un altro cammino da compiere?
“Voglio dire prima di tutto che sto bene e voglio incoraggiare tutti a fare prevenzione. Controllatevi senza paura. Ho terminato le terapie preventive e ho fatto la ricostruzione al seno. E’ il momento della Ripresa questo. Devi tornare al mondo. Rinascere. E a volte non è facile. Sono felice che tutto sia ormai alle mie spalle. Ma credo ci sia un altro percorso da intraprendere, con la stessa forza e la stessa determinazione. Devi riconquistare la tua vita. E’ un cammino entusiasmante, tutto sembra nuovo. E apprezzi di più cose e persone. La vita diventa un foglio bianco da colorare. E sei tu che scegli i colori. Ma allo stesso tempo, lo stress di quello che hai dovuto affrontare lo senti.
E devi reagire. Fisicamente il corpo ha bisogno di riacquistare energie e psicologicamente devi allontanarti dalla “malattia”. Insomma..bisogna guardare avanti. E’ un miscuglio di sensazioni. C’è la paura a volte che torna. E’ normale sentirsi così. Ho fatto un percorso psicologico con la Dott.ssa Del Lungo e ancora lo faccio. I rimedi per risolvere questo stato d’animo ci sono. E bisogna anche lì intraprendere una gara. I nuovi 100 metri da vincere. Il nuovo combattimento sul tatami o in pedana da affrontare. Hai la fatica addosso. Io ho subito tre operazioni chirurgiche (tra cui nella prima, due asportazioni). Prima, seconda e terza operazione con la ricostruzione al seno.
E un lungo percorso di terapia farmacologica. Chemio, radio e punture ormonali. Tutto questo in due anni e mezzo. Come indica il protocollo medico. Mi accompagna ancora il Campus, con controlli, visite. E questo è ovviamente importante. Intanto sei tu che devi reagire e pensare che stai bene nel cammino di Rinascita. Entusiasmante, innovativo e faticoso. Faccio quotidianamente ginnastica per il braccio operato. Senza alcuni linfonodi è soggetto al gonfiore e i fisioterapisti del Campus danno buone direttive. E faccio sempre ciò che loro dicono. Con costanza. Ma dipende tutto da te. Curarti. Pensare che devi farlo per stare bene.
Una sera il mio amico Massimo Di Luigi mi disse: “Tu hai dimostrato che coraggio e pazienza non sono parole vuote”. Inutile dire i brividi che ho sentito. E mi commuove ancora questa cosa. Mi ha fatto sentire una donna che in questo mondo ha vinto e ha onorato la vita in cui crede. E allora ogni giorno continuo a camminare per riprendere la mia vita in mano. Ognuno ha il suo metodo per affrontare tutto questo. Usi le tue medicine quotidiane. Persone, affetti e passioni. Le mie medicine sono queste : il giornalismo sportivo, le passeggiate, il mare, la mia musica, gli eventi sportivi. Le mie passioni.
I miei sogni. La preghiera. Il sentire Dio accanto a me. Famiglia, amici. Vivere quello che è il mio mondo. Coltivare nuovi progetti, come sto facendo in questo momento, ciò ti fa guardare avanti. Oltre. Ti da una spinta verso il futuro, come Martina Caironi fece quella sera di luglio di due anni fa. Start e futuro. Con pazienza, ascoltando il tuo corpo e riacquistando sicurezza in te stessa. Non è così per tutti. Ognuno ha il proprio fisico e ognuno ha il proprio corpo. Ognuno ha la propria psicologia. Forte e meno forte. E’ così per me”.
Come te, molte altre donne combattono la battaglia contro il tumore al seno: cosa ti senti di dire loro adesso che il tuo cammino è quasi giunto al termine?
“Oggi sono una donna guarita. Sto bene. E sono felice. E’ stato un lungo e duro cammino. Ma ce l’ho fatta. E ce l’ho fatta perché oggi la ricerca è andata avanti. Come ho detto prima. E dico alle splendide, forti e coraggiose donne (anche le tante che ho incontrato e conosciuto) : devono lottare per la loro dignità di persone. Alzarsi in piedi. A testa alta e sguardo fiero (come mi diceva sempre il mio amico Savio). Esprimere la loro bellezza e la loro femminilità. Sorridere, ridere e cantare. Devono amare la vita e sentire la gioia di vivere dentro.
Devono tirare fuori la luce che hanno dentro, devono brillare. Essere luminose. Contrastare il buio che hanno dentro. Devono soffocare il male con il bene. E con l’amore e le passioni della loro vita. Devono splendere e combattere per loro stesse. Perché la conquista o la riconquista di se stesse, non ha prezzo e eguali. Almeno io ho cercato di fare così. Non sono perfetta e anche io ho avuto paura. Tanta. Tantissima. E ce l’ho ancora a volte, ma cerco di reagire. Allo stesso tempo non devono mollare, non devono indietreggiare, mai. So che è difficile. Si ha paura e i pensieri girano. E’ giusto avere paura. Ma la vita è più importante. La medicina rassicura e cura. I medici sanno e riconoscono. Anticipano e guardano avanti.
La luce fa passare il buio. Il coraggio vince sempre. E alla fine il sole ritorna. Oggi sono una donna guarita che guarda avanti, con tante stanchezze addosso, ma lo fa perché la vita chiama a vivere e noi abbiamo il dovere di rispondere. E il mio percorso è quasi terminato. Sto ultimando la ricostruzione al seno con piccoli accorgimenti che servono.
E’ quel che resta addosso, a conseguenza della battaglia senza frontiere che hai intrapreso contro il drago. Diciamo.. che hai addosso i segni del fuoco. Ma sto bene oggi. E sto per arrivare al traguardo dei 100 metri per riconquistare completamente la mia vita. Sempre usato questa metafora. E oltre che ci sarà ? Il Futuro. Forza Donne. Con la Forza di una Donna e con la Forza del Cuore di un Atleta”.