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Alti livelli di microplastiche nei laghi di Fondi e Sabaudia, Legambiente: “Ecosistemi a rischio”

26 luglio 2020 | 11:30
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Alti livelli di microplastiche nei laghi di Fondi e Sabaudia, Legambiente: “Ecosistemi a rischio”
Alti livelli di microplastiche nei laghi di Fondi e Sabaudia, Legambiente: “Ecosistemi a rischio”
Alti livelli di microplastiche nei laghi di Fondi e Sabaudia, Legambiente: “Ecosistemi a rischio”
Alti livelli di microplastiche nei laghi di Fondi e Sabaudia, Legambiente: “Ecosistemi a rischio”

Scacchi: “C’è bisogno di frenare l’abbandono incivile dei rifiuti con un’attenzione particolare alla plastica monouso e di rendere efficace un ciclo dei rifiuti che troppo spesso lascia spazio a mancata raccolta e a rovinose condizioni territoriali”

I risultati delle analisi

Lago di Sabaudia

Nel lago di Sabaudia, lago costiero della cittadina sul litorale pontino e conosciuto anche come Lago di Paola, si affaccia l’intera città, tutta l’area turistico-balneare e le sue acque provengono dai Monti Lepini ed attraversano un territorio pieno di attività antropiche legate in particolar modo al settore agro-silvo-pastorale. Sul Lago di Sabaudia sono stati prelevati 4 campioni in 2 aree del lago (2 punti con replica). La media rilevata è pari a 83.437 particelle per chilometro quadrato di superficie.

Lago di Fondi

Il lago di Fondi si trova nel territorio dell’omonimo comune in provincia di Latina, con alcune parti nel comune di Monte San Biagio (LT). Sulle sue sponde insistono importanti attività agricole e l’acqua che l’alimenta proviene dalla catena dei Monti Lepini, attraversa la città di Fondi e i comuni nella piana circostante ed è convogliata nei canali di bonifica che portano al lago. Sono stati prelevati 2 campioni. La media rilevata è pari a 446.397 particelle per chilometro quadrato di superficie.

Contesto

Un inquinante ubiquitario causato dalle attività umane, difficile da quantificare e impossibile da rimuovere completamente. Le microplastiche rappresentano oggi un vero e proprio contaminante emergente. Ma cosa sono, che problemi causano e cosa possiamo fare per contrastare questo inquinamento?

Partiamo dalla loro definizione: con il temine microplastiche ci si riferisce a frammenti o particelle di plastica con dimensione minore di 5 millimetri. Vengono comunemente classificate in due tipologie, in base alla loro origine. Le microplastiche definite primarie vengono rilasciate nell’ambiente direttamente sotto forma di piccole particelle, e rappresentano tra il 15 e il 31% di quelle presenti nell’oceano.

Secondo uno dei rapporti commissionati dalla Commissione Europea, i quantitativi maggiori di microplastiche provengono dall’abrasione degli pneumatici (da 25mila a quasi 60 mila tonnellate all’anno) e dalla perdita di microsfere di plastica vergine (da 24mila a quasi 50mila tonnellate annue). Dai tessuti arrivano dalle 7mila a circa 50 mila fibre sintetiche, mentre dai cosmetici dalle 2mila a circa 9mila tonnellate all’anno. Le microplastiche secondarie, invece, rappresentano tra il 68 e l’81% di quelle presenti nell’oceano, e derivano dalla disgregazione dei rifiuti in plastica di più grandi dimensioni abbandonati nell’ambiente a causa, principalmente, della fotodegradazione e dell’azione meccanica.

Le prime evidenze scientifiche della loro presenza in ambiente marino sono dei primi anni 70, ma adesso, grazie ai numerosi studi che si stanno portando avanti per conoscere l’entità della contaminazione nei nostri mari e soprattutto quali conseguenze possano avere nelle specie marine, sta diventando un problema noto anche al più ampio pubblico. La prospettiva che tale inquinamento possa arrivare nei nostri piatti fa di certo aumentare l’attenzione sul tema, ma questa problematica è ancora aperta.

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