Concorso letterario dedicato a Italo Calvino: premiati 4 studenti dell’Istituto Paolo Baffi

Toccanti gli elaborati che hanno vinto ad “Un sognatore innamorato della realtà – Raccontare Italo Calvino a cento anni dalla sua nascita”, il concorso organizzato dal X Municipio
1^ classificato tematica “Le città invisibili”- Andrea Perugini 4 GL
Aνδρεία
«Rilassati. Raccogliti, Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto…»
Mi interrogo spesso sul perché delle cose. Esistono così tante persone al mondo e siamo tutti così diversi uno dall’altro. Non riesco a spiegarmi perché io sia così o perché Lollo sia così. Io a Lollo non ci somiglio neanche un po’. Sono proprio tutt’altra persona rispetto a lui, non sembriamo neanche fratelli.
Lui è alto e io no; lui gioca a calcio e io no (perché mamma e papà non vogliono); lui ha tanti amici e io no (perché sto sempre con le femmine anche se mi annoio); lui si mette sempre delle magliette bellissime con dei pantaloni super fighi e io no. Mamma e papà mi comprano sempre vestiti che non mi piacciono e che mi prudono. Non so perché, ma prudono, li metto e inizio a grattarmi come se avessi le pulci addosso. Papà vuole sempre farmi mettere calze, vestiti e ballerine. Mamma insiste sempre nel farmi crescere i capelli, farmi vestire con abiti femminili e ancora una volta -non so perché- non riesco a farli contenti. Non ci riesco proprio; ci provo, davvero, e con tutte le mie forze, ma non ci riesco.
Passo tantissimo tempo davanti allo specchio mentre indosso i vestiti che mi comprano loro, ma più guardo il mio riflesso e più non mi riconosco, più guardo quei vestiti e più si stringono attorno al mio corpo come se fossero vivi e volessero uccidermi.
Guardo gli altri bambini e penso che vorrei essere come loro, che vorrei avere anche io il loro grembiule blu, i capelli corti corti come ce li hanno loro, uno dei loro nomi, anche semplicemente per qualche ora o qualche giorno per provare come sarebbe bello essere un bambino, per vedere se Alessandro, Daniele e tutti gli altri sono davvero così o quando tornano a casa cambiano e sono tristi anche loro.
Non ho mai detto a nessuno questa cosa, che vorrei essere come i bambini e avere il loro grembiule blu.
A volte parlo con Federica, la mia migliore amica, e le dico che da piccolo ero nato maschio, ma poi per alcuni problemi fisici sono uscita Sofia: lei si mette a ridere perché dice che non può essere vero. Altre volte invece le dico che, finita scuola, torno a casa e divento “Sofìo” perché solo i bambini possono vedermi con il grembiule rosa, i grandi no.
Invento un sacco di bugie. Dico tante cose che non sono vere. Mamma mi rimprovera sempre, infatti. Ma io non ci posso fare proprio niente, è più forte di me.
Mi piace raccontare cose che vorrei aver fatto, mi piace anche raccontare agli altri che sono un bambino, non so perché, ma mi piace.
Vorrei solo capire se quello che provo, lo sento solo io, o se esistono altri bambini che non sanno bene chi sono. Vorrei trovare un libro con tutte le risposte alle mie domande, per leggere cosa c’è che non va in me.
Ogni tanto qualcuno mi scambia per un bambino, perché ho da poco tagliato i capelli e metto sempre i vestiti vecchi di Lollo che mi fanno sentire forte ed invincibile. Qualche giorno fa ero in farmacia con mamma, perché ho un po’ di tosse e dovevamo prendere uno sciroppo per la gola, ed il signore in cassa mi ha guardato e poi mi ha detto “Ma che bel bambino! Come ti chiami?”. Mi sono sentito grandissimo, grande come la Terra intera e poi subito piccolissimo. “È mia figlia! Si chiama Sofia” ha risposto mia madre.
Cosa mi aspettavo? Perché ci ero rimasto male? È solo il mio nome, perché mi fa questo effetto? Perché ci resto sempre così male quando lo sento? Eppure è un bel nome, papà me lo dice sempre, “Significa «Sapienza», è un nome molto importante”.
Mi piacerebbe avere un altro nome. Un nome forte, bellissimo. Un nome che quando lo senti, dici proprio “Wow! Ti sta proprio bene!”. Un nome che possa rendermi felice. Un nome in grado di darmi coraggio, forza e speranza. Un nome tutto mio, mio e solo mio, perché forse con un nome che sento davvero mio, anche io inizierei a sentirmi davvero me stessa. Me stesso, in realtà.