Concorso letterario dedicato a Italo Calvino: premiati 4 studenti dell’Istituto Paolo Baffi

Toccanti gli elaborati che hanno vinto ad “Un sognatore innamorato della realtà – Raccontare Italo Calvino a cento anni dalla sua nascita”, il concorso organizzato dal X Municipio
1^ classificata Tematica “Racconti di mare”, testo di Asia Tedde 1 LL
Nel fondo del mare vivono migliaia di specie diverse, pesci, calamari, polipi di tutti i colori, ma negli abissi vivono anche delle creature dotate di un’intelligenza superiore, e di una bellezza sovrannaturale.
La loro specie non ha nome, nessuno li ha mai visti. Sono creature dotate di lunghi tentacoli colorati al posto degli arti, la loro pelle è stracolma di colori diffusi come pitture africane, i loro capelli sono lunghi e luminosi e i colori dei loro occhi sono speciali e luccicanti.
Come ho detto nessun essere umano ha mai visto una di queste creature, e nessuna di queste creature ha mai visto un essere umano.
In una tribù nelle vicinanze di un vulcano marino attivo, viveva Lewa, una bimba curiosa ed energica.
Lewa viveva insieme a suo nonno che le parlava sempre della superfice e di quello che la abitava, Lewa da brava bambina curiosa un giorno chiese al nonno: “nonno, perché non andiamo in superfice?”
Il nonno rise un poco e subito rispose: “oh Lewa, cara mia. La superfice è tanto magnifica quanto pericolosa. Non posso permettere che tu ti faccia del male, o peggio.”
Lewa arricciò le sopracciglia e sbuffò, poi ribbattè: “ma io voglio scoprire cosa si cela li su! Voglio delle risposte!”
Il nonno si incupì un poco ma rispose con voce calma: “Lewa, bambina mia, a volte ci sono domande a cui non vanno date delle risposte. Adesso mangia un po’ di alghe fresche, le ho colte appositamente per te.”
Lewa annuì, ma non si rassegnò.
Passo gli anni che seguivano a prepararsi per andare a esplorare la superfice, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Così la piccola Lewa diventò più grande, e all’età di 20 anni, quando suo nonno morì, decise di andare all’avventura ed esplorare finalmente la superfice.
Ormai pronta a partire salutò i pochi abitanti della sua piccola tribù, e ammirò per l’ultima volta il maestoso vulcano sottomarino.
Lewa percorse miglia senza fermarsi, incontrando mille avversità, come un polpo gigante che cercò di portarla nella sua tana, o una medusa poco sveglia che rischiò di fulminarla viva, ma nonostante tutte lei non tornò indietro e continuò con la sua avventura.
Passate ormai diverse settimane, Lewa si avvicinò sempre di più alla superfice, ed era sempre più vicina alla verità che si celava dietro ai racconti di suo nonno.
Decise però di fermarsi per la notte, senza mai abbassare la guardia, tenendo d’occhio le diverse creature dell’oceano.
Guardandosi intorno si rese conto che i pesci che vedeva erano diversi da quelli degli abbissi, alcuni erano meno colorati e più piccoli, altri coloratissimi, altri ancora con forme che non aveva mai visto, si rese conto che c’erano anche delle creature di cui il nonno le aveva raccontato.
Lewa riprese il cammino alle prime luci dell’alba che si iniziavano ad intravedere attraverso le tende sottili dell’acqua limpida, iniziò ad accelerare, e accelerare, e accelerare, finchè…
La testa di Lewa sbucò dall’acqua, socchiuse gli occhi per il troppo sole, sentì odori e suoni che non aveva mai sentito: l’acqua che si scagliava sugli scogli, i gabbiani che starnazzavano, e poi sentì una voce maschile.
Era la voce di un ragazzo che passava su quella spiaggia in quel preciso momento, proprio di fronte a Lewa.
Il ragazzo guardò Lewa e spalancò gli occhi, venne rapito dalla sua stravagante bellezza, non aveva mai visto una creatura così strana.
Anche Lewa era al quanto scioccata, era strano vedere una creatura simile a lei ma con colori più spenti e senza tentacoli.
Dopo qualche minuto di silenzio e sguardi sbalorditi, il ragazzo decise di allungare la mano così che Lewa potesse prenderla, con un sussurro disse: “afferrala”
Appena Lewa sfiorò la mano candida del ragazzo, i suoi tentacoli divennero braccia e gambe, i colori sgargianti e innaturali divennero più umani.
Lewa si trasformò in una vera e propria donna.
Così spiegò al ragazzo da dove veniva e cosa era venuta a fare in superfice, gli disse che voleva vedere i luoghi di quel nuovo mondo e conoscere le creature che lo popolavano. Il ragazzo si offri di accompagnarla in quel grande viaggio.
Si incamminarono verso il paesino dove viveva il ragazzo, più si avvicinavano e più Lewa era sbalordita, c’erano fiori colorati e milioni di negozietti, la piazza era stracolma di persone tra: bambini che giocavano a anziani che ridevano, le luci degli appartamenti e gli odori dei cibi tradizionali.
Lewa voleva assaggiare tutto, parlare con tutti e partecipare a mille attività, adorava la superfice e si promise di provare tutte le cose che voleva provare.
Passato qualche mese, Lewa si stava ambientando, aveva imparato molte cose, come: disegnare, giocare a pallone, cucinare le ciambelle, aveva anche assaggiato moltissimi piatti, ad esempio: la parmigiana di melanzane, la pasta al forno, tante cose dolci come i cornetti con il pistacchio.
Lewa aveva anche deciso di iniziare la scuola, aveva un tutore privato che le stava insegnando a scrivere e a leggere, le piaceva la scienza soprattutto l’astronomia.
Aveva persino fatto amicizia con molti abitanti, e nessuno sapeva nulla dei suoi tentacoli o della sua pelle colorata, solo quel ragazzo dagli occhi verdi e i capelli castani sapeva la verità, lui era il suo migliore amico in assoluto, era la persona che la aveva aiutata di più in quel paesino, che la portava a scoprire nuove tradizioni e che la supportava in ogni passo.
Ecco, Lewa era mia madre e quel ragazzo dai capelli castani è mio padre.
Mia madre e mio padre si sono sposati in una piccola parrocchia in un paesino della Sicilia, e da quel momento non hanno mai smesso di sognare in grande, mia madre è a capo di un salone di bellezza, dove fa la parrucchiera, e invece mio padre fa il professore in una prestigiosa scuola universitaria.
Lewa è rimasta e rimarrà sempre quella bambina curiosa che si era messa in testa una cosa ed è riuscita a farla senza arrendersi.
Mi racconta sempre del nonno, mi dice che era un tipo bizzarro, ma gentilissimo, e che è per lui che ha fatto tutta questa strada.
Poi ci sono io. Chi sono io? Beh questa è un’altra storia.