
Viaggio nella storia di Ardea, tra mito e verità
La modesta cavità che attualmente accoglie l’ipogeo cristiano in precedenza è stata utilizzata come santuario rutulo e successivamente come ninfeo romano.
Si trova in un pianoro anticamente occupato da un esteso insediamento abitativo.
Non c’è alcun dubbio che si tratti di un genius loci frequentato per millenni dalle popolazioni locali del Latium Vetus, un’area ben definita con una vocata tradizione misterica per le divinità delle sorgenti.
E’ stato infine il sincretismo religioso, valorizzando la sua naturale connotazione idrica, a recuperarlo e consacrarlo al culto cristiano.
L’”Oratorio” in origine era una cisterna che raccoglieva e smistava attraverso una complessa rete di flussi e drenaggi l’acqua proveniente dalle sorgenti per soddisfare le esigenze idriche di una popolosa comunità.
Questo assunto è stato subito sostenuto da Mons. Antonio Ferrùa, l’archeologo del Vaticano che eseguì e diresse nel 1964/65 per conto della Pontificia Accademia di Archeologia lo scavo ed i lavori di sistemazione in loco.
Il religioso era convinto che il pianoro, ora completamente invaso da ville, capannoni, e piscine, ospitasse prima della conquista romana, il primitivo insediamento Rutulo difeso dal vicino aggere di Casalazzara. In questo, già dal VI secolo, si apriva l’antica porta dalla quale iniziava il tratturo per raggiungere gli insediamenti degli altri popoli Latini confinanti.